Il futuro oltre la pandemia
Perché la card per i vaccinati non la può fare De Luca

La Campania ha proceduto con efficienza e rapidità alla somministrazione del primo stock di vaccini ricevuti dal Governo e giustamente chiede di riceverne rapidamente altri. La vaccinazione di gran parte della popolazione è propedeutica al ritorno alla normalità che tuttavia sarà un processo lungo e richiederà pazienza. Raggiungere l’immunità di gregge è fondamentale per far sì che le attività economiche si riprendano e per autorizzare la riapertura a categorie impegnate in settori ad alto rischio che finora hanno pagato un prezzo altissimo alla pandemia (cultura, sport, tempo libero e turismo su tutti). In questo contesto la Campania sembra orientata a rilasciare ai vaccinati una card di avvenuta certificazione, dopo il cosiddetto richiamo.
L’annuncio fatto da Vincenzo De Luca rischia di essere una fuga in avanti. Nel mostrare un’anteprima dell’ambito oggetto, il presidente della Regione ha parlato di un chip sul retro augurandosi che «tra qualche mese i cittadini la possano esibire la tessera per andare a cinema o al ristorante con più tranquillità». Tuttavia il tema, che comprende anche la discussione delle differenziazioni di trattamento giuridico tra vaccinati e non, è al centro di un dibattito mondiale, di cui si parla poco, che investe tanto l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) quanto i grandi vettori internazionali sulle cui gambe cammina la globalizzazione. Sembra difficile eludere la conclusione sul fatto che occorra una legge in sintonia con le Costituzioni. Ma questa legge può essere regionale? Non pare, per le ragioni che dirò.
Quanto al potere di ordinanza (come si dice), certamente incidente sui diritti fondamentali e utilizzato in modo ipertrofico non sembra applicabile in casi come quello di cui si discute. Lo stato leader dell’Unione europea, la Germania, ha dichiarato di escludere recisamente qualunque vantaggio connesso all’avvenuta vaccinazione per evitare discriminazioni. Posizione saggia e netta, ma sicuramente non priva di prezzi da pagare. Altri Paesi europei stanno immaginando scenari come quello prefigurato da De Luca, con servizi o zone (cose ben diverse) preclusi ai non vaccinati. Ogni strada ripropone questioni di eguaglianza e di (limiti alle) distinzioni di trattamento. Un vaccino non obbligatorio per legge pone il tema dei limiti agli incentivi che, a un certo punto, coartano in fatto l’individuo. Si dirà che avviene spesso: sì, ma non con conseguenze così dirompenti. Se pure l’ordine progressivo per le vaccinazioni fosse ragionevole, non è detto che lo siano le limitazioni conseguenti, forse ancor più per i non vaccinati. Lo Stato ha competenze legislative preponderanti su molti aspetti implicati: da molti profili inerenti all’economia nazionale alla parte maggiore della tutela della salute e alla disciplina dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali (incluso probabilmente il diritto di non riceve trattamenti non obbligatori), passando per la profilassi vaccinale e altro ancora. Ammesso che sia possibile e opportuno creare un sistema di certificazioni (o “patenti”), non può che essere lo Stato a prendere l’iniziativa, certo coinvolgendo le Regioni. Del resto, diversamente, nascerebbero diverse paradossali o situazioni foriere di conflittualità. La stessa Campania ha riconosciuto più volte, nelle ordinanze, che limitazioni possono essere poste «esclusivamente nell’ambito delle attività di loro [delle Regioni] competenza» e «senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale». Il primo punto pare dirimente perché, quanto al secondo, la motivazione di De Luca sembra, al contrario, “anticiclica” e in ciò anche volta a tutelare diritti e promuovere interessi inutilmente compressi, relativi alle attività produttive chiuse da tempo. Un bilanciamento ragionevole tra situazioni contrapposte sembra che non possa che essere effettuato da una legge statale.
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