Il commento
Perché la nuova politica agricola comune è inutile: hanno chiuso i cancelli dopo che i buoi sono scappati
Hanno chiuso i cancelli dopo che i buoi sono scappati. Mai metafora è stata più coerente con l’approvazione last minute della Pac da parte del Consiglio europeo. Gli interventi mirati a sanare in tutta fretta una frizione politica ed economica tra le istituzioni europee e il mondo dell’agricoltura giungono quando ormai la legislatura è conclusa e sono ben lontani dal poter essere visti come una riforma. Si semplificano le procedure amministrative, si riducono i controlli sulle imprese agricole, soprattutto le più piccole, e si introduce una deroga sugli obblighi di rotazione e mantenimento dei prati permanenti. Questi, in sintesi, gli interventi approvati per evitare che la collera degli agricoltori si traduca in un voto di protesta il prossimo 9 giugno.
Senza sminuire la gravità delle conseguenze che la nuova Pac, nella sua versione precedente, avrebbero gravato sul settore – gli oneri burocratici erano effettivamente kafkiani – viene da chiedersi se la prima potenza agricola mondiale non meriti di dedicare più tempo per partorire una strategia dotata di vision. La prima Pac rientra ancora nel Trattato di Roma del 1957. Per l’Europa l’agricoltura è da sempre uno strumento di crescita e di benessere, sia collettivo sia del singolo cittadino, legato alla sua salute e all’alimentazione. In questi cinque anni, le forzature ideologiche che hanno condizionato il Green Deal sono state fonte di attriti e scontri aperti.
Ciò non toglie che i problemi ci sono. C’è un cambiamento climatico in corso e le crisi geopolitiche mondiali stanno condizionando prezzi e accessibilità al cibo. Servono nuove pratiche, che permettano all’agricoltura di essere più produttiva, resiliente, aperta alla tecnologia. Serve riflettere su come distribuire diversamente le risorse già disponibili. All’agricoltura, l’Europa indirizza un terzo del suo bilancio annuale. Come si può passare dall’elargire sussidi a fare investimenti?
La nuova Pac non risponde a questa domanda. E tanto meno risolve i problemi del clima e delle guerre che rischiano di farci arrivare sempre meno materie prime essenziali per l’industria alimentare di trasformazione. La nuova Pac è un palliativo, che permette agli agricoltori di alzare l’asticella delle richieste. La prossima volta basterà mettere di nuovo due covoni di fieno davanti al Parlamento per portarsi a casa altre concessioni. Nel frattempo crescerà il risentimento da parte del mondo ambientalista e delle Ong che, per cinque anni, ha fatto credere che i mali del mondo nascano tutti in un campo di grano. O in una stalla.
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