Il problema anche per bevande e dolci
Perché l’acqua frizzante rischia di sparire dai supermercati: anidride carbonica introvabile, timori anche per l’industria alimentare
L’acqua frizzante rischia di sparire prossimamente dai supermercati? Il problema non riguarda solo l’Italia, ma anche l’Europa. Un segnale d’allarme è arrivato nella giornata di ieri, 7 luglio, da Acqua Sant’Anna, più grosso produttore europeo di acque oligominerali – un miliardo e mezzo di bottiglie all’anno – ha fermato le linee di produzione dei prodotti gassati per mancanza di anidride carbonica.
“La Co2 è introvabile e anche tutti i nostri concorrenti sono nella stessa situazione. Siamo disperati, è un altro problema gravissimo che si aggiunge ai rincari record delle materie prime e alla siccità che sta impoverendo le fonti“, ha spiegato Alberto Bertone, presidente e amministratore delegato dell’azienda di Vinadio, nel Cuneese.
La difficoltà a trovare l’anidride carbonica per prodotti alimentari si era già presentata alla fine dell’anno scorso, ricorda Bertone, “ma eravamo riusciti a tamponare quella che in questi giorni sta ripresentandosi in forma di vera emergenza, che riguarda tutti i produttori europei”.
Adesso invece “una volta finiti gli stock nei magazzini di supermercati e discount, non ci saranno più bottiglie in vendita”.
L’anidride carbonica a uso alimentare
Da anni il dibattito sul clima evoca la CO2, il biossido di carbonio, come gas principale responsabile delle alterazioni del clima. In realtà vi è un vero e proprio comparto industriale che si occupa della sua produzione industriale, che la producono per poi utilizzarla in ambito industriale come refrigerante o liquido di raffreddamento, per uso alimentare, per gassare le bevande e preparare surgelati, in ambito sanitario.
Circa la metà dell’anidride carbonica per usi alimentari in Europa, scrive Repubblica, proviene da impianti di fertilizzanti, che la ottengono come sottoprodotto dell’ammoniaca, oppure delle fabbriche di bioetanolo.
A contribuire ai problemi di aziende come Acqua Sant’Anna sono i costi schizzati alle stelle dell’energia necessaria per la produzione industriale, ma anche quelli relativi al trasporto, da effettuare in pesanti bombole o cisterne refrigerate a -80 °C.
Tra le concause dell’assenza di biossido di carbonio alimentare c’è la maggiore richiesta avanzata in questi anni dal comparto sanitario, dovuta alla pandemia di Coronavirus.
Le prospettive
Con una media di 200 litri l’anno a persona, l’Italia è il primo paese europeo e uno dei primi al mondo per consumo di acqua in bottiglia. La crisi nel settore, con l’impossibilità di ottenere anidride carbonica, potrebbe portare nuovi rincari a quelli già presenti attualmente per il carrello della spesa.
Ma la scarsità di Co2 potrebbe mettere in crisi anche l’intero settore alimentare, visto l’utilizzo di CO2 per preparare molti degli alimenti consumati dagli italiani: serve infatti, come ricorda Wired, anche per allungare la “vita di scaffale” di alimenti come i salumi in busta, le insalate già lavate e le merendine, ed è utilizzata per preparare i surgelati e per il ghiaccio secco.
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