Perché l’Ucraina aiuta i Balcani: l’ingresso nell’Unione Europea per allontanare l’influenza russa

La politica di allargamento non è mai stata stabile. Ha sempre avuto alti e bassi, fasi in cui ricopriva un ruolo più o meno importante, fasi nelle quali aveva bisogno di essere rafforzata e fasi nelle quali aveva bisogno di essere tenuta a bada. Adesso siamo in un nuovo slancio della politica di allargamento, dovuto a diversi fattori importanti.

Innanzitutto, la guerra in Ucraina. Dopo l’aggressione russa è diventato evidente come l’Unione europea sia stata smossa (o coinvolta in prima persona?) e abbia dovuto cercare delle soluzioni alternative per non perdere il proprio equilibrio in politica estera. E la soluzione si chiamava: politica di allargamento.

Ora, è abbastanza chiaro che con ventisette stati membri e ventisette politiche esteri differenti, l’Unione europea abbia un problema strutturale, come attrice globale. Non è in grado di dare una risposta unica, ne darà sempre molteplici; è così che funziona, soprattutto perché in politica estera a livello europeo si vota con l’unanimità. Si cede per cui ai ricatti degli stati, che vogliono mantenere la loro sovranità in ambito di politica estera.

Nel caso dell’Ucraina però, si è riusciti a mettere da parte questo modo di agire e a convincersi a vicenda che la sfida è troppo grande per poter abbandonare quello stato. E quindi si è ridato slancio a una politica di allargamento dimenticata e abbandonata per troppo tempo.

L’Ucraina ha permesso di affrontare il tema che è rimasto nascosto per troppo tempo: il tema delle riforme dell’Unione europea, del cambiamento interno, necessario per poi poter accogliere anche nuovi membri. Ha ridato vigore a una politica che stava in stand-by.

Certo, bisogna vedere se i Balcani saranno pronti ad accogliere questa nuova sfida. Ma per quanto si può osservare, la Macedonia del Nord (con i suoi cambiamenti alla Costituzione imposti dalla Bulgaria e finalmente accettati) e l’Albania sono davvero sulla buona strada.

A questo punto, una domanda (secondo me fondamentale) sorge spontanea: sarà possibile non dimenticare i Balcani e non metterli in secondo piano, e invece affrontare questo slancio affiancando l’Ucraina ad essi? Sarà possibile evitare di avere due processi che vanno in parallelo, uno più veloce ed uno più lento? Solo se questo sarà possibile, si eviterà di commettere errori e si eviterà di allontanare ancora di più i paesi dei Balcani, che già oggi, dopo decenni (e anche di più) passati a cercare di adattarsi all’Unione europea, provano già del risentimento per queste differenze di trattamento.

A mio avviso, affrontare l’allargamento separando Ucraina (giustificata), Moldavia e Georgia (a mio avviso ingiustificate, tenendo conto del loro livello di completa impreparazione e del loro livello di corruzione e della situazione economica tragica) e Balcani (che sono decenni che aspettano) rischia di creare non solo ulteriore frustrazione per i Balcani, ma di lasciare questa regione alla forte influenza della Russia.

E i Balcani sono i nostri vicini di casa. Non ci conviene rischiare. Oltre a ciò, alcuni Paesi meriterebbero un avanzamento nel loro percorso: Albania e Macedonia del Nord stanno negoziando, il Montenegro anche, il Kosovo ha implementato tantissime riforme e come unico Paese senza status candidato, avrebbe diritto ad ottenerlo (per questo però l’Unione europea dovrebbe togliere le sanzioni imposte ad esso anche se andavano date alla Serbia).

L’Ucraina può aiutare i Balcani, solo se gli stati membri capiscono che è un’opportunità anche per loro. È una questione politica. Sarebbe un bellissimo gesto se, assieme all’Ucraina, entrasse anche almeno uno stato dei Balcani. Darebbe una speranza per il futuro dei nostri vicini, e darebbe una spinta per tutta la regione balcanica. Oltre che rafforzare l’Unione europea.