Luigi Marattin – e con lui un altro centinaio di dirigenti del partito – non ci sta, e lascia Italia Viva. La motivazione è una e semplice, lo hanno spiegato ieri in conferenza stampa alla Camera dei deputati lui e altri quattro ormai ex dirigenti: l’adesione di Italia Viva al cosiddetto campo largo, annunciata ormai tre mesi fa. “Non condividiamo la scelta fatta”, ha detto Marattin, “né nel metodo né nel merito”.

Nel metodo, perché avrebbe dovuto essere il Congresso a decidere l’eventuale adesione, così come era stato il Congresso a fare di Italia Viva un’alternativa a centrosinistra e centrodestra, rifiutando il bipolarismo. Nel merito, il campo largo (che peraltro tituba sull’accogliere effettivamente Italia Viva, e “non è questo che la comunità merita”) non ha niente di interessante da offrire, su nessun tema, dal fisco, all’ambiente, dall’energia alla politica estera, alla scuola.

Sempre ieri a Bruxelles Draghi ha parlato del rapporto sulla competitività, e Marattin ha notato che non c’è nel panorama politico italiano l’impostazione esposta nel rapporto, in cui si parla di innovazione, produttività, meritocrazia, pari opportunità – tutto ciò che era originariamente nel programma politico del Terzo Polo, che vede in un partito liberaldemocratico e riformatore il suo specchio politico, quasi completamente fallito in Italia. E quindi, Marattin e altri dirigenti di Italia Viva (un centinaio, ma diventeranno molti di più, ha assicurato) hanno deciso di fondare l’associazione Orizzonti Liberali, con l’idea di presentarsi come partito alle prossime politiche. Un partito davvero liberaldemocratico e riformatore.

Ma prima di fare questo – perché un partito non si fa dall’oggi al domani, “è una cosa seria” – con Orizzonti Liberali vogliono raggiungere altre realtà che hanno lo stesso obiettivo, prima fra tutte la Nos di Alessandro Tommasi (appuntamento sabato 14 settembre al Talent Garden di Milano). Prima di fare il partito e decidere i leader, gli ormai ex dirigenti di Italia Viva vogliono partire dai territori, e poi colmare quello spazio privo di rappresentanza politica che avrebbe dovuto essere occupato da IV e, a quanto pare, non lo è più.

Francesca Santoro

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