Ci sono due modi per giudicare l’iniziativa israeliana rivolta a dichiarare l’Unrwa (l’agenzia Onu per l’assistenza e il sussidio dei profughi palestinesi) un’organizzazione terroristica. Il primo: è la decisione con cui lo Stato genocidiario vuole strangolare il flusso degli aiuti ai palestinesi, l’espediente per continuare con altri mezzi l’attività di sopraffazione perpetrata con le bombe e con i tank che hanno fatto deliberatamente decine di migliaia di vittime, perlopiù civili, perlopiù bambini e donne. Auguri a chi presceglie questo metro di giudizio per valutare la decisione della Knesset dell’altro giorno, assunta in prima lettura con una maggioranza notevolissima.

Ce ne sarebbe un altro. Quello che vi legge il segno di un’articolata esasperazione davanti allo spettacolo di acquiescenza e omertà di cui i plenipotenziari di quell’agenzia internazionale fanno mostra quando si tratta di rendere conto di certe documentate compromissioni con i mandanti e gli esecutori del pogrom del 7 ottobre. Acquiescenza e omertà di cui si rendono inoltre responsabili i tanti che non solo chiudono gli occhi su quelle evidenze, ma reclamano la prosecuzione dell’incondizionato foraggiamento dell’Unrwa senza neppure ipotizzarne la subordinazione a sistemi di controllo, capaci di scongiurare che quel fiume di provvigioni remuneri il terrore anziché finanziare le attività statutarie della cooperazione internazionale.

Varrà la pena ricordare che è documentato, e non smentito, il sodalizio di personale dell’Unrwa con i miliziani e i “civili” responsabili dei massacri dell’autunno scorso. È documentato, e non smentito, l’utilizzo delle strutture dell’Unrwa da parte di quei miliziani e di quei “civili”, gli uni e gli altri responsabili di aver fatto di tali strutture altrettante basi di organizzazione logistica e di pianificazione bellica. È documentata, e non smentita, la distrazione di centinaia di milioni di dollari di fondi dell’Unrwa in favore di quelle che l’Onu stessa si è costretta a definire le autorità che – “de facto” – detengono ed esercitano il potere a Gaza, vale a dire le organizzazioni terroristiche. È documentata, e non smentita, l’inesausta attività con cui nelle scuole gestite dall’Unrwa le coscienze e le ambizioni dei bambini palestinesi sono sformate nel culto dell’odio e della morte e pervertite all’idea che la floridezza del loro futuro dipenda dallo smantellamento dell’Entità sionista e dall’uccisione di tutti gli ebrei.

Se pure si trattasse di realtà episodiche anziché sistematiche, quelli che vi sono coinvolti e quelli che vi assistono avrebbero rispettivamente titolo per pretendere e concedere riconoscimento – e per reclamare e trasferire denaro – solo a condizione, e dopo, che fosse fatta chiarezza. E pulizia. E allora – solo allora – potrebbero con qualche diritto denunciare l’isolata “follia” con cui Israele considera e tratta queste organizzazioni “umanitarie”. Si tenga conto, con la gravità necessaria, dell’idea retrostante a certe noncuranze e complicità. È l’idea, più o meno oscuramente coltivata, secondo cui, dopotutto, appoggiare in qualche modo la “resistenza” non è così sbagliato.