L’indecifrabile caso della misteriosa morte di David Rossi è lontano dall’essere rivelato. Il responsabile della comunicazione di Mps è morto, e questa è l’unica notizia certa della vicenda, il 6 marzo 2013. Da dieci anni, tutte le inchieste giornalistiche e giudiziarie si sono arenate, una dopo l’altra. Da ultima, si è conclusa con un’archiviazione anche la quarta inchiesta sul decesso del manager che poco prima di essere trovato in fin di vita sul selciato di Rocca Salimbeni aveva prenotato un ristorante per uscire a cena con la moglie.

Su cosa sia realmente accaduto quel pomeriggio, è buio pesto. Tanto che il presidente della commissione d’inchiesta, l’onorevole Zanettin, aveva detto: «Sicuramente ci sono delle lacune gravi nella prima inchiesta. Ci sono aspetti di superficialità che lasciano perplessi».

Il richiamo alla superficialità non è un’accusa. È l’invocazione delle attenuanti cui fanno ricorso i magistrati che – inusitatamente, in un sistema togacentrico che non lo prevede – su questo caso sono stati chiamati a giustificare il loro operato.

Noi ne abbiamo parlato con Antonino Monteleone, l’inviato de Le Iene che ha seguito il caso più da vicino, lavorando a Siena per mesi e raccogliendo le testimonianze che alla giustizia sembravano essere sfuggite. Nel 2019 Monteleone ha pubblicato con Round Robin “David Rossi. Una storia italiana”, una graphic novel che porta il giornalismo d’inchiesta sul terreno divulgativo del fumetto. Monteleone, come il direttore de Il Tempo Davide Vecchi, premono per il via libera alla nuova commissione d’inchiesta sul caso.

Monteleone, nella storia parlamentare le commissioni di inchiesta hanno sempre dato frutti interessanti, anche quando hanno escluso questa o quella pista. Perché avere paura della commissione di inchiesta Covid?
«Non c’è da avere paura né da ostacolare il legittimo intervento conoscitivo del Parlamento. È la Costituzione ad essere onorata quando i rappresentanti del corpo elettorale approfondiscono le più cruciali questioni che riguardano la vita del Paese».

E sul caso del quale lei si è più a lungo occupato, quello della misteriosa morte di David Rossi, a che punto è la nuova commissione?
«La commissione Zanettin ha lavorato bene: date le circostanze e i suoi mezzi ha consentito di scoprire tante altre storture. L’istituzione della nuova stenta a decollare: la legge è stata approvata, spero facciano in fretta».

I misteri aperti sono tanti. La scena del crimine incredibilmente inquinata, già nel primo sopralluogo del pm Nastasi. Come mai, che idea si è fatto?
«Provo sempre a spiegare certi eventi con le umanissime imperizia e superficialità. Molti invocano un ruolo della massoneria, non so se è vero. Ma di cialtroneria ne ho vista tanta».

La Procura di Genova si era occupata del caso Rossi dopo che un servizio de «Le Iene» aveva lanciato la pista dei festini a base di sesso e droga nelle ville della campagna senese. Secondo anonimi escort, la presenza degli stessi magistrati senesi sarebbe la spiegazione dei successivi depistaggi sul caso Rossi. È così?
«Anonimi per il pubblico televisivo, ci tengo a sottolinearlo. A “Le Iene” è stata garantita con ogni messo lecito la tutela dell’anonimato delle fonti. Che si fidano perché sanno che non le tradiamo. In questo caso il nostro testimone si è presentato davanti ai pm di Genova».

Ci può riferire la sua testimonianza?
«Non ha correlato festini a eventuali depistaggi. Ma a differenza di ciò che hanno provato a riferire certi avvelenatori di pozzi, non si è rimangiato nulla. Andando incontro a pesanti conseguenze in nome della verità».

La Procura ha però archivitato. Tutto regolare, nelle indagini, pare di capire. Anche secondo lei?
«Secondo me è tutto molto curioso. Per alcuni reati il Gip di Genova nel 2020 ipotizzò la prescrizione maturata già nel 2019. Pochi mesi fa, in un altro filone, si è pronunciato un altro Giudice che con una formula più ampia mancava solo che si complimentasse».

Una commissione parlamentare di inchiesta può andare oltre il muro di gomma della magistratura, che sempre tutela sé stessa?
«L’uscita del Presidente Mattarella è stata strumentalizzata da chi ha capito che un Parlamento che esercita il suo ruolo può bilanciare un potere, quello giudiziario, che da trent’anni agisce in certi modi perché i contrappesi sono sbiaditi, quando non subalterni. E la stampa, che non perdona nulla a chi esercita il potere esecutivo e legislativo, va a braccetto con quello giudiziario per vendere copie e influenzare l’opinione pubblica con la clava dell’etica».

Aldo Torchiaro

Autore