Nello sviluppo dell’inchiesta giudiziaria che lo riguarda, la notizia di ieri è che Giovanni Toti ha deciso di patteggiare, accordandosi con la Procura di Genova per sostituire una pena prevista di due anni con 1500 ore di lavori socialmente utili.

Toti e i diritti non riconosciuti

Nei mesi scorsi, questo giornale si è battuto con forza perché a Toti fossero riconosciuti i pieni diritti di cui un indagato deve godere in un paese democratico, e che non ritenevamo rispettati dagli oltre 80 giorni di arresti domiciliari cui è stato costretto. La nostra posizione non riguardava, naturalmente, il merito delle accuse che gli venivano rivolte, ma principi di civiltà giuridica che devono valere sempre e per qualunque cittadino.

Perché Toti ha scelto di patteggiare

Oggi Toti sceglie il patteggiamento – che non comporta l’ammissione dei reati contestati – e noi non ci sentiamo in grado di giudicare questa scelta, che può essere motivata da tante ragioni, compresa quella di una sostanziale sfiducia nel sistema giudiziario italiano, che costringe un imputato a lottare per decenni per difendersi dalle accuse, spendendo ingenti risorse umane e finanziarie.

Ma ci sentiamo certamente di confermare la nostra scelta dei mesi scorsi. Il nostro garantismo non è opzione che riguardi questa o quella causa. È una scelta di principio e di fondo, che sta a monte di ogni procedimento giudiziario e vale qualunque ne sia l’esito.