Letture
Zafesova fa da guida nella città-simbolo dello zarismo e del comunismo
Pietroburgo, la capitale degli infiniti intrighi politici: da Pietro il Grande a Putin, quanti omicidi, rivolte e rivoluzioni

Eccola, Pietroburgo: «La sua sublime bellezza – tutto quell’intreccio fitto e avvincente di colonne, monumenti, cupole, cariatidi, sfingi, di atlanti che sorreggono il cielo nelle loro mani di pietra e di rosoni di ghisa sulle inferriate dei canali, di ponti e prospettive, di guglie e facciate, di claustrofobici cortili a pozzo e panorami che si spalancano sul mare – è inestricabilmente legata alla sua storia di potere». Città assurda, città strana – cantava Guccini ma a proposito di Bisanzio, ugualmente magnifica e terribile – eccola dunque la città dei canali, delle isole e dei grandi intrighi russi meravigliosamente descritta da Anna Zafesova (“Pietroburgo”, Paesi Edizioni), giornalista della Stampa e acuta conoscitrice della Russia (e dell’Unione Sovietica).
Questo è un libro che tiene insieme, indissolubilmente avvinghiate, le dimensioni della bellezza e del Potere, da Pietro il Grande a Vladimir Putin, che in questa città nacque e mosse i primi passi della sua lugubre carriera politica. Nacque qui l’attuale “zar”, nel «vicolo Baskov a due passi dalla prospettiva Nevskij, ma la zona è povera, piena di mutilati di guerra, mendicanti e piccoli criminali. Data la densità abitativa, i ragazzini passano il tempo in strada, dove si crea il microcosmo sociale dei dvor, dei cortili, dominati da balordi locali che li difendono dai concorrenti del condominio accanto. È in questo mondo che il futuro presidente della Russia imparerà regole di saggezza come “se fare a botte è inevitabile devi picchiare per primo”». E la violenza si annida da sempre nei meandri nascosti della sfolgorante città, è lo sfondo di “Delitto e castigo“, tra una larga Prospettiva e l’acqua dei canali, i celebri monumenti e i ponti dorati.
«Per un curioso paradosso – nota Zafesova – la città concepita come un monumento alla regola, con la sua linearità geometrica a incarnare un ideale politico di apparente razionalità, produce per secoli le contorsioni più asimmetriche e intricate del potere. Che a Pietroburgo si conquista sulla canna di un fucile, quando non con una cannonata, o un ordigno esplosivo». Quanti omicidi politici, intrighi, rivolte e rivoluzioni: Pietro, Alessandro, Nicola, Lenin. Pietroburgo diventa Leningrado, è una città che guarda a Occidente pur dentro una trama “orientale”: «Nonostante l’incanto della sua follia perfezionista, Piter (Pietroburgo, ndr) apparirà a molti altri viaggiatori nei secoli come una città farlocca, imitativa, formale, posticcia, frutto di un “gioco cerebrale” come scriveva Andrej Belyj (non a caso un moscovita doc), un enorme vorrei-ma-non-posso che impiega quintali di marmo e granito per dimostrare di essere pari ai suoi modelli, anzi, superiore, in uno sfoggio di opulenza e magnificenza che vorrebbe provare qualcosa all’Europa e che grida Asia».
Leningrado, città della più terribile differenza, il lungo assedio durante la Seconda guerra mondiale, «la città-martire degli eccidi staliniani e dell’assedio nazista, 900 giorni di fame, gelo e bombe che hanno scolpito nel marmo della storia il nome di “Leningrado”, avvertito fino a quel momento dall’orecchio dei suoi abitanti come una stonata imposizione ideologica. La blokada, l’assedio, è entrata nella storia abbinata al nome di Leningrado; e il fatto che a portarne le cicatrici, con fiero dolore, sia Pietroburgo, è un’ennesima dimostrazione del destino surreale di una città nata dalla provetta della geopolitica, teatro e frutto di un esperimento di portata globale, tuttora in corso».
Dopo i lunghi decenni comunisti, Pietroburgo – non più Leningrado – ha vissuto qualche bagliore “underground“, c’erano giovani musicisti e scrittori prima che lo zar Vladimir spegnesse tutte le luci. «Dal sistema più ideologico e statalista dell’Urss, quello del Kgb, Putin esporta non troppo paradossalmente un modus operandi mafioso, che calza a pennello alla città postcomunista che riprende il suo vecchio nome, ma appare totalmente impreparata a vivere in un mondo nuovo», scrive Zafesova.
Resta meravigliosa, Pietroburgo: «Scintilla con le sue mille finestre dorate il Palazzo d’Inverno, la residenza barocca degli zar, sulla quale aveva puntato i cannoni l’incrociatore Aurora nella notte della rivoluzione d’Ottobre – scrive Zafesova – Oggi è il più grande e magnifico museo della Russia, l’Ermitage, affiancato dall’Ammiragliato con la sua guglia dorata coronata dal veliero simbolo della città, e oltre si apre la piazza del Senato dominata dal Cavaliere di bronzo, l’altro emblema di Pietroburgo, il monumento a Pietro, con l’imponente mole della cupola della cattedrale di Sant’Isacco». E Raskolnikov deve aggirarsi ancora da queste parti, quando cala la notte.
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