Mentre la Francia, con una decisione storica, è stato il primo Paese al mondo ad aver inserito il diritto all’aborto nella propria costituzione, negli Stati Uniti continuano a soffiare venti di ben altro segno. Dopo i sedici Stati che lo hanno reso illegale e altri che ne hanno limitato il ricorso (per un totale di 21), nel 2022, a seguito dell’annullamento della famosa Roe v. Wade (che sta all’immaginario americano più o meno come la 194 sta a quello italiano), il diritto all’aborto è tornato oggetto di discussione e alla ribalta delle cronache. Proprio in questi giorni, infatti, la Corte Suprema esaminerà un caso che potrebbe mettere ulteriori paletti al diritto all’interruzione della gravidanza.

“Pillola abortiva non sicura”, le accuse alla FDA

La questione in esame alla Suprema Corte riguarda la FDA (Food and Drug Administration), l’agenzia governativa americana responsabile della regolamentazione e supervisione della sicurezza alimentare, dei farmaci, dei prodotti per la salute, dei dispositivi medici, dei cosmetici e dei prodotti biologici. La FDA è incaricata in sostanza di proteggere la salute pubblica assicurandosi che i prodotti siano sicuri, efficaci e conformi agli standard regolatori stabiliti. Secondo i querelanti, l’Alliance for Hippocratic Medicine, la pillola abortiva (il mifepristone, in particolare) non sarebbe sicura per la salute, e dunque la FDA, che ne ha permesso la commercializzazione dietro supervisione medica dal 2000, e che a partire dal 2016 l’ha resa ancora più facile da ottenere, è colpevole di essere venuta meno alla sua missione principale. In particolare, verrebbero contestate le misure più recenti adottate dalla FDA, che riguardano la possibilità di assumere il mifepristone più tardi in gravidanza (con il limite di età gestazionale passato da sette a dieci settimane), nonché la riduzione da tre e una del numero di visite di persona della paziente sottoposta a aborto farmacologico. Da ultimo, l’agenzia ha permesso a un maggior numero di operatori sanitari di prescrivere il farmaco anche dunque senza visita medica vera e propria.

La Corte e i due temi

La Corte dovrà esprimersi su due temi, intanto dovrà decidere sulla questione procedurale e ovvero se l’Alliance for Hippocratic Medicine può legittimamente sollevare le proprie contestazioni, cioè se è in grado di portare prove al tribunale federale dei danni derivati dalle azioni dell’agenzia; stabilito questo, la Corte sarà nel caso chiamata a decidere se le modifiche che la FDA ha apportato all’uso della pillola abortiva siano o meno conformi alla legge.
Se la Corte sentenzia in favore dell’Alliance for Hippocratic Medicine, la decisione avrà un impatto enorme. Almeno per diversi importanti motivi. In bilico c’è la disponibilità della pillola in tutto il paese. Gli Stati che limitano l’accesso all’aborto e quelli che lo proteggono sarebbero tutti impattati da una decisione che annulla le recenti decisioni della FDA. Questa sentenza cioè non avrà una ricaduta solo sui singoli stati, ma su tutti gli USA, e cambierà l’intero panorama nazionale sull’aborto determinandone una ulteriore restrizione. Ancora, la sentenza screditerebbe per sempre un’agenzia come la FDA e la sua autorevolezza (così facendo andrebbe a minare un’altra di quelle che fino ad ora rappresentavano una delle grandi e poche certezze che ci erano rimaste e di cui mai come ora abbiamo bisogno).

La pillola abortiva via posta

Intanto in America, nel 2023, gli aborti farmacologici hanno rappresentato più della metà, il 63% per l’esattezza, di tutti gli aborti, secondo una ricerca del Guttmacher Institute. E il New York Times riferisce, citando Abigail Aiken, una professoressa di affari pubblici dell’Università del Texas ad Austin, che “l’aumento della disponibilità di pillole al di fuori dei consultori ha compensato significativamente la riduzione degli aborti medici” che ora sono illegali da molte parti in USA. Oggi in America, la pillola abortiva la si può anche ricevere per posta. Una misura, quest’ultima, resasi necessaria durante la pandemia e che la FDA ha standardizzato a partire dalla fine del 2021. Come suggerisce lo stesso articolo del New York Times, addirittura 14.000 aborti farmacologici al mese sono ora prescritti online, con pillole inviate per posta.
L’FDA da parte sua ribadisce che gli eventi avversi gravi a causa del mifepristone sono “estremamente rari, “e la ricerca mostra che l’ospedalizzazione delle donne che hanno assunto il farmaco si verifica in meno dell’1% dei casi.”
La questione è molto spinosa sia per il futuro delle donne in America, sia per i suoi risvolti politici perché una gran parte della campagna elettorale, in vista delle elezioni a Novembre, si giocherà anche sul tema dell’aborto. Non sembra un caso che il primo giudice distrettuale da cui è passata la questione è Matthew Kacsmaryk, antiabortista nominato da Trump nel 2019.