Più solidali ma meno europeisti, così la pandemia ci ha cambiati

Un giorno il virus sarà debellato. Non sappiamo quando, ma sappiamo che accadrà. E in quel momento potremo ritornare alla vita sociale e professionale del passato. Segnati però dalla difficile prova cui siamo sottoposti. Da tutti i punti di vista: sia da quello più strettamente personale (a Wuhan sono aumentati i divorzi, ma cresceranno prevedibilmente anche le nascite), sia da quello lavorativo (molti hanno imparato in questa occasione a usare la tecnologia), sia da quello delle relazioni con il prossimo, sia da tante altre prospettive.

Definire oggi con precisione quali saranno gli effetti sociali dell’insorgenza del virus e delle misure eccezionali che si sono dovute adottare è impossibile. È troppo presto, specie perché non sappiamo ancora quanto durerà questo periodo di sacrifici. Ma, sin da ora, seppure in modo approssimativo, si possono provvisoriamente delineare alcune tendenze che stanno già in qualche modo caratterizzando, con maggiore o minore intensità, la vita nel nostro paese e che potrebbero accentuarsi in futuro.

Ad esempio:
a) Una maggiore attenzione alla salute e agli investimenti in quest’ultima. Si tratta di un settore che è stato in parte trascurato negli ultimi decenni e che verrà inevitabilmente rivalutato anche nelle priorità richieste all’intervento pubblico.

b) Una più diffusa considerazione della socialità e dei rapporti umani. Dopo la fase di necessario isolamento, saranno inevitabilmente più apprezzate le occasioni conviviali e di relazione con gli altri. Anche in termini di solidarietà e condivisione.

c) Contrariamente a quello che accadrà per le relazioni individuali, dall’altro lato si sta sviluppando un maggiore “egoismo” dal punto di vista delle comunità nazionali. Il fallimento e l’inefficacia delle organizzazioni internazionali (dalla Ue, alla Bce, all’Oms) sta portando a una sempre più estesa sfiducia nei confronti di queste ultime e alla più diffusa voglia di “fare da soli”.

d) In particolare, date queste tendenze, stanno diffondendosi maggiormente nel nostro paese, le posizioni ostili alla integrazione europea e quelle che sottolineano la contrapposizione dei nostri interessi con quelli di altri Stati e l’inopportunità della cooperazione con questi ultimi.

e)L’esperienza per molti dello smart working ha portato a un diffuso apprezzamento per quest’ultimi, oltre che ad una maggiore considerazione per le possibilità e le opportunità offerte dalla tecnologia. È ragionevole pensare che molte aziende e molti individui manterranno, visti i loro vantaggi, alcune delle modalità di smart working anche a crisi finita.

f) Emerge già ora una maggiore fiducia nelle istituzioni. Gli italiani hanno, come mostrano i sondaggi realizzati in questo periodo, registrato positivamente i provvedimenti del Governo e delle autorità locali. È ragionevole pensare che questo atteggiamento prosegua, per un certo lasso di tempo, quando la crisi sarà finita.

g) Di conseguenza, un obiettivo rafforzamento politico e sociale del Governo e, specialmente del premier Conte. Il grado di fiducia ha superato il 70%, raggiungendo livelli mai visti sin qui. Si tratterà di vedere naturalmente se, a crisi finita, il Presidente del Consiglio sarà in grado di tesaurizzare il consenso guadagnato.

h) Un molto maggiore apprezzamento per le competenze e le professionalità. La popolarità di slogan come “uno vale uno” appare in netto declino.

i) Una maggiore fiducia nell’informazione, specie televisiva. Oltre all’incremento dell’audience, testimoniato dall’Auditel, di tutti i programmi, specie di quelli di informazione (dato il maggior tempo che si passa in casa), si registra una più diffusa attenzione, in certi casi quasi una dipendenza, al susseguirsi di notizie, che spesso costituiscono un importante punto di riferimento.

j) Un mutamento nell’atteggiamento comunicativo di un numero crescente di aziende. Al di là della pubblicità televisiva che, forse per motivi contrattuali, non è cambiata molto e appare spesso surreale, la comunicazione delle aziende, specie sui quotidiani, è sempre più incentrata sull’impegno sociale di queste ultime. Proprio il commitment sociale delle aziende, sta diventando uno strumento di marketing di grande importanza.

Come si evolveranno in futuro questi atteggiamenti? Tutto dipenderà ovviamente dall’evolversi della crisi. Che, per il momento, è imprevedibile.