Uno sta fuori dodici giorni – d’estate può capitare – e dedica il tempo libero a quel rito quasi religioso e senza ambiguità che è il tennis nel tempio di Wimbledon. Vedi in campo russi contro ucraini che continuano a non darsi la mano a fine match e pensi che sarebbe anche l’ora che fossero proprio loro i primi a provare a cambiare le cose. Vedi anche come lo sport faccia dell’immigrazione una risorsa e racconti la storia bella di Cris Eubanks. Vedi, con orgoglio, che i nostri non sono più solo choosy e viziati ma guerrieri pronti a cadere e a rialzarsi (è il caso di Berrettini che ha lottato alla pari contro il numero uno del mondo Carlos Alcaraz) e di Jannik Sinner.

Insomma, ti rifai occhi, bocca e cuore. E sogni. Finché torni, ieri, e si va a sentire il ministro per il Sud, la coesione e le politiche europee che fa una conferenza stampa per “dare importanti aggiornamenti sul Pnrr”. Undici giorni fa si temeva lo slittamento della quarta rata e della terza (scaduta il 30 dicembre 2022) s’erano perse le tracce benché da mesi si scriva: l’assegno è in arrivo, questione di ore. Ma di quei 19 miliardi non c’è traccia. Così come dei 16 della quarta rata, scaduta il 30 giugno e collegata a 27 obiettivi.

E chissà cosa succederà della quinta che scade alla fine dell’anno e dovrebbe assicurare alle casse dello Stato altri 18 miliardi. “Tranquilli – ha spiegato ieri Fitto – è tutto sotto controllo e anch’io non so spiegarmi come sia possibile leggere ogni giorno resoconti così imprecisi”. Chiariamo subito: Fitto è uno dei ministri più preparati di questo governo e la gestione del Pnrr è una rogna che non si augura neppur al peggiore nemico. E però, per quanto si sia sforzato (anzi, grazie per la conferenza stampa, ndr) i conti non sono tornati neppure ieri. L’incipit del ministro è già una contraddizione: “Siamo in regola, nei tempi anche se ci sono molte cose da chiarire”. Il punto 2 traballa e sa di scaricabarile: “Senza fare polemiche stiamo operando sulla terza e quarta rata e su obiettivi e situazioni che non riguardano le decisioni di questo governo”. Il punto 3 non migliora le cose: “C’è stato un lavoro tecnico preliminare sulla quarta rata che punta ad evitare una fase lunga di verifica”. Insomma: della terza rata non ci sono notizie, si sa che il problema è la realizzazione degli alloggi universitari.

Sulla quarta (quella scaduta il 30 giugno) “abbiamo presentato (ieri, ndr) le modifiche a 10 obiettivi (su 27 totali, ndr) riferiti ad errori e a circostanze oggettive”. Le modifiche riguardano sei ministeri: Imprese e Made in Italy, Infrastrutture (soprattutto i treni regionali), Ambiente, Istruzione, Culture e politiche di coesione. “Grazie a questo nuovo metodo che risolve prima le problematiche avendole già condivise con Bruxelles – ha assicurato il ministro – potremo già procedere nei prossimi giorni alla richiesta di pagamento che non prevede un definanziamento ma anzi il finanziamento dell’intera quarta rata”. Insomma: non siamo in ritardo e siamo messi meglio di altri paesi anche perché il Regolamento Ue “non prevede termini vincolanti per le richieste di pagamento ma si limita a stabilir che ciascuno Stato membro, raggiunti gli obiettivi definiti nel Piano, possa presentare la richiesta due volte l’anno”. Cioè, la storia delle scadenze semestrali sarebbe una semplificazione giornalistica. Inoltre, sempre secondo il ministro, non ci sarà alcuna conseguenza sul bilancio dello Stato e sui dati macroeconomici se quei soldi non arriveranno e dunque non saranno spesi entro l’anno.

Sogno o son desto? Verrebbe da tirarsi qualche pizzicotto. Ci pensano le opposizioni. Italia viva-Azione-RE chiedono che Fitto venga subito a spiegare in Parlamento. Piero De Luca (Pd), che seguiva già nella passata legislatura gli affari europei, la mette così: “È a rischio il futuro dell’Italia. Al 30 giugno il governo buca il raggiungimento dei 27 obiettivi per avere i 16 mld della quarta rata e ne risultano 17 incompleti. Oggi ci dice che ne sono stati modificati dieci. A parte che il tutto è avvolto nell’oscurità, che fine hanno fatto gli altri sette? Non solo il ministro Fitto, la premier deve venire subito in aula”.

Giorgia Meloni parlerà, lo ha promesso, appena tornerà dal vertice Nato. Ha molto da spiegare. Ha parlato in aula prima del Consiglio Ue (28-29 giugno) che poi non è andato benissimo. La settimana dopo (il 5 luglio) la premier ha dichiarato guerra alla magistratura per l’avviso di garanzia per falso e bancarotta arrivato – mesi fa ma i suoi avvocati non lo sapevano – alla ministra del Turismo Daniela Santanchè e perché il gip ha chiesto l’imputazione coatta del sottosegretario Delmastro per la vicenda Cospito. Quella sera uscì da palazzo Chigi una nota attribuita a “fonti di palazzo Chigi” – quindi Meloni – che accusava la magistratura di “fare politica e di fare campagna elettorale”. Neppure Berlusconi ha mai osato, nella sua guerra santa, mettere il bollino di palazzo Chigi alle sue intemerate contro le toghe. Errore da matita blu.

Il giorno dopo – era il 6 – è scoppiato il caso La Russa jr, l’accusa di violenza sessuale. Faccenda grave in sé che diventa politica nel momento in cui il padre, cioè il presidente del Senato che è anche avvocato, assolve il figlio (“nessuna violenza”) e anzi fa vittimizzazione secondaria attaccando la ragazza che ha denunciato. Cosa che poi, nelle ore a seguire, faranno anche giornalisti di area candidati, guarda caso, ad importanti conduzioni in Rai. Pure la ministra delle Pari Opportunità non si è voluta sbilanciare lasciando “sola” una ragazza che solo giudici e pm potranno saper giudicare.

Certo, il dossier Nato, l’allargamento alla Svezia, il via libera di Erdogan, l’Ucraina ma anche una nuova dimensione non solo euro atlantica dell’Alleanza sono temi cruciali. E alti. Tanto quanto però i nostri conti pubblici e l’adeguatezza dei ministri di governo. Meloni, ad esempio, dovrebbe chiedere a Santanchè cosa sta facendo il suo ministero per gestire flussi turistici fuori controllo e città al collasso. Al falso in bilancio e alla bancarotta ci penserà la magistratura. Meno male che nel frattempo Sinner ha conquistato la semifinale a Wimbledon. Contro l’highlander Djokovic.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.