La soluzione? Ma certo, ovvio: rinviare. Il rigido cronoprogramma del Piano nazionale di resistenza e resilienza che è la vera scommessa per utilizzare i 191 miliardi? Il gioco delle tre carte. Saltate le scadenze semestrali perché il ministro Fitto dice che non sono scritte da nessuna parte (“conta solo che i pagamenti delle rate, una vota raggiunti gli obiettivi previsti, avvengano due volte entro l’anno solare”), ci avviciniamo a passo svelto alla scadenza – condivisa anche da Fitto – del 31 agosto termine ultimo entro il quale il governo italiano deve comunicare come intende soddisfare le tappe e gli obiettivi del Piano con le relative modifiche. Una data ineluttabile. E allora il Pnrr a questo punto è un re nudo. Si leggeva ad esempio ieri in un comunicato di palazzo Chigi diffuso dopo le 16: “Evviva evviva, abbiamo trovato la soluzione: i posti letto per gli universitari a prezzi calmierati, obiettivo del secondo semestre del 2022 e compresi nella terza rata, vengono spostati alla quarta scaduta a fine giugno e in relazione alla quale abbiamo già spostato/modificato 10 dei 27 obiettivi. L’Italia riceverà a questo punto i 35 miliardi previsti nell’anno 2023, i 19 della terza e i 16 della quarta rata”.

Un comunicato pieno di contraddizioni. Su cui si scatenano le opposizioni, dal Pd (Alfieri: “Il governo nei fatti rinuncia a 500 milioni per i posti letto universitari, non sono all’altezza del compito”) al Terzo Polo (“La verità è che questi come altri fondi andranno persi) passando per i 5 Stelle: “Surreale come il governo festeggi il suo fallimento”. E infatti partiamo da qui. Lucio Malan, presidente dei senatori di Fratelli d’Italia, non ha dubbi: “Arriveranno tutti i 35 miliardi del Pnrr. Smentiti ancora una volta con i fatti gli uccelli del malaugurio”.

Il ministro Fitto ha riunito ieri mattina una nuova cabina di regia dopo le altre dei due giorni precedenti e i 90 minuti in audizione ieri in Parlamento in cui però non aveva detto/spiegato nulla di quanto è emerso invece dopo l’ennesima cabina di regia. È questo è solo un problema di metodo.

Andiamo al merito. In sostanza si annuncia che a breve, “entro poche settimane” Bruxelles pagherà i 19 miliardi della terza rata, quella scaduta il 31 dicembre scorso. Quella che aveva in pancia gli stadi di Firenze e Venezia (in parte poi sbloccato), i porti, le colonnine di rifornimento elettrico, i 50 mila nuovi posti letto per gli universitari entro il 2026 (altri 8500 già assegnati dal governo Draghi). Alla fine, si è scoperto di recente, è stato questo il problema che ha tenuto appesi i 19 miliardi e la terza rata. Ieri la presunta soluzione: “Dopo un’approfondita interlocuzione con la Commissione Ue abbiano deciso di spostare gli alloggi per gli studenti nella quarta rata. Questa modifica, così come le altre dieci già inoltrate alla Commissione e relative alla quarta rata, non avranno alcun impatto sul totale dei 35 miliardi di euro che spettano all’Italia nel 2023”.

Dunque la soluzione è un rinvio. Che il governo italiano considera risolutivo e già approvato dalla Commissione. Che però dà una versione un po’ meno rassicurante. “La collaborazione tra la Commissione e le autorità italiane è stata molto costruttiva – spiegava ieri un portavoce -. Il lavoro tecnico è però ancora in corso e non possiamo fornire ulteriori dettagli in questa fase. Come di consueto, la Commissione valuterà formalmente la proposta di modifica nel contesto del quadro normativo relativo alle revisioni dei Pnrr”.

Lo stesso portavoce conferma che al momento “non sono previste modifiche all’importo complessivo dei pagamenti che l’Italia dovrebbe ricevere nel 2023, tenendo conto della terza e della quarta richiesta di pagamento”. Nel senso che i soldi sono stati richiesti. Da qui ad averli, ce ne corre. Sugli alloggi per studenti, si conferma che il governo italiano ha chiesto un obiettivo intermedio spostato alla quarta rata per poter poi raggiungere l’obiettivo finale per la metà del 2026.

Per le opposizioni tutto ciò conferma che è stato perso un sacco di tempo e accumulato un ritardo pericoloso. “È chiaro – spiega Alessandro Alfieri (Pd) – che L’Italia sta rinunciando ai 500 milioni per gli alloggi universitari previsti nella terza rata. Poi rischiamo di perdere i soldi legati agli altri dieci obiettivi anche loro stralciati e rinviati, come ha spiegato Fitto, dalla quarta rata. A fine anno rischiamo di perdere 2-3 miliardi”. Perché tanto pessimismo? “E’ realismo – spiega Borghi, neo capogruppo di Italia viva al Senato – il ministro Fitto sostiene che i 500 milioni destinati agli alloggi saranno recuperati nella quarta rata ma, se si continua così, quei fondi andranno persi. Inoltre ci stiamo dimenticando della quinta rata, in scadenza alla fine di quest’anno, 18 miliardi e 69 obiettivi”.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.