Da più di un mese il padiglione San Paolo del carcere di Poggioreale, quello che ospita i detenuti con problemi di salute, è senza ascensore e le stanze allestite per consentire ai detenuti di sottoporsi a dialisi restano ancora chiuse, le apparecchiature inutilizzate. E tutto a causa di problemi alla guaina del tetto e delle infiltrazioni che ne sono state la conseguenza.

Le infiltrazioni di acqua piovana sarebbero infatti all’origine del guasto al vano motore che ha messo fuori uso l’ascensore con tutto quello che ciò può significare per quei reclusi con problemi di deambulazione, ma anche per coloro che, a causa di patologie varie, hanno comunque difficoltà a fare a piedi le scale per raggiungere, dal secondo o terzo piano dove si trovano le loro celle, il piano dove ci sono i locali per eseguire screening e visite mediche specialistiche. E così, da diverse settimane, tra i reclusi del padiglione San Paolo in molti sono costretti a vivere una sorta di doppia prigionia, non riuscendo ad allontanarsi dalle proprie celle nemmeno per la cosiddetta ora d’aria perché non possono spostarsi fino alla zona passeggio e, soprattutto, senza poter sottoporsi alle visite mediche perché impossibilitati a muoversi a piedi da un piano a un altro.

Con l’ascensore fuori uso, l’unica alternativa possibile sarebbe quella di portare questi reclusi in braccio ma è facile immaginare che si tratta di una eventualità assai remota. Quindi si attende. Si attende che il guasto all’ascensore venga riparato. Il caso è stato segnalato al grande regionale dei detenuti, Samuele Ciambriello, il quale nelle scorse settimane ha scritto al direttore del carcere Carlo Berdini per rappresentare i disagi visti dai detenuti. Il direttore del carcere ha risposto spiegando di aver richiesto gli interventi di manutenzione per rimettere in funzione l’impianto. Certo, c’è una burocrazia e si sono tempi “tecnici” da rispettare, ma il guasto non è stato ancora riparato.

Ieri una squadra di operai avrebbe dovuto eseguire la riparazione ma c’è stato l’ennesimo intoppo. E dire che il padiglione San Paolo del carcere di Poggioreale è un padiglione rimesso a nuovo non da molto tempo, che la struttura è dotata di mezzi e risorse per garantire assistenza medica e specialistica ai reclusi che necessitano di cure e monitoraggi periodici e che c’è anche una cucina dove vengono preparati i pasti adatti alle esigenze di salute dei reclusi che vivono in quel padiglione. Si tratta di 54 detenuti, una dozzina dei quali costretti su una sedia a rotelle e da settimane costretti a trascorrere le giornate in cella, rinunciando a utilizzare gli altri spazi per l’impossibilità di fare le scale senza l’uso dell’ascensore. «Sono queste piccole cose, dal valore non quantificabile, che incidono sulla garanzia dei diritti e sulla tutela della dignità di una persona», osserva il garante Ciambriello. Il riferimento è anche alla situazione dei locali dove i detenuti che hanno bisogno di cicli di dialisi potrebbero sottoporsi alle terapie senza dover affrontare i trasferimenti e le attese per ottenerli. Anche in questo caso a fermare la tutela del diritto alla salute in carcere è un problema tecnico, un guasto, una perdita dal tetto che causa infiltrazioni. Può sembrare una causa apparentemente banale ma finisce per determinare conseguenze ben più gravi.

Le stanze all’ultimo piano del padiglione San Paolo, infatti, sono pronte da mesi eppure non si può inaugurarle né si possono utilizzare i macchinari che Asl e amministrazione penitenziaria hanno messo a disposizione dei detenuti. Perché? Perché le infiltrazioni hanno causato macchie di umidità in una delle stanze destinate al persone sanitario. Di qui lo stop, e l’attesa. E il diritto alla salute continua a essere messo a dura prova. Il caso di Poggioreale riapre un antico dibattito e accende i fari sul diritto alla salute in carcere che è un diritto spesso sacrificato, sulla necessità di investimenti per migliorare l’edilizia penitenziaria che è in molti casi un’edilizia vecchia o fatiscente, sulla difficile vita dietro le sbarre.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).