Non si placano a Bruxelles e nelle capitali europee le polemiche sull’esito del Consiglio UE di giovedì e venerdì scorso e sul ruolo svolto dal premier ungherese Viktor Orban, che con la sua assenza al momento della votazione ha sì permesso che si aprissero i colloqui per l’adesione dell’Ucraina e della Moldavia, ma che ha poi posto il veto sul bilancio pluriennale europeo e conseguentemente sul sostegno finanziario all’economia di un Paese in guerra quale è quello guidato da Volodymyr Zelensky.

Il vertice straordinario e le alternative in caso di mancato accordo

Mentre nella giornata di ieri il presidente del consiglio europeo, Charles Michel, ha annunciato un vertice straordinario il 1° febbraio per trovare un nuovo accordo, è stata la stessa presidente della commissione, Ursula von der Leyen, ad ammettere che sia necessario lavorare su “potenziali alternative per avere una soluzione operativa nel caso in cui un accordo all’unanimità non fosse possibile”. Ma le polemiche continuano. Se il ministro degli esteri ceco Martin Dvořák ha dichiarato che “Orban è un cavallo di Troia che sta con intensità e, purtroppo, con efficacia crescenti rompendo questa unità (contro Putin) e cercando di dimostrare che dovremmo ignorare l’Ucraina”, l’eurodeputata ungherese Katalin Cseh in un editoriale sul Guardian ha sostenuto che “la capitolazione dell’UE alle sporche tattiche ricattatorie del primo ministro ungherese è un grave errore” e che “l’accordo concluso con Orbán mina i princìpi che dovrebbero essere alla base dell’UE”, criticando senza troppe remore la scelta della commissione di scongelare parte dei fondi bloccati per le violazioni di Budapest allo stato di diritto con la speranza di ammorbidire le sue posizioni sull’Ucraina.

La critica di Verhostadt

Su questo punto, continua la sua battaglia l’europarlamentare belga Guy Verhostadt, che critica apertamente la von der Leyen sostenendo che “lo stato di diritto non è negoziabile”, mentre il Partito Democratico Europeo guidato da Sandro Gozi – che ha annunciato la sua convention a Milano il 18 febbraio – sostiene che questa vicenda renda sempre più urgente una modifica dei trattati: perché “l’UE deve al più presto liberarsi dei ricatti e degli inaccettabili veti di Orban”. Insomma, per capire se l’UE continuerà a sostenere l’economia dell’Ucraina basterà aspettare il 1° febbraio. Ma a tutti pare sempre più chiaro cosa c’è in gioco nelle prossime elezioni europee di giugno.

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva