Giuseppe Conte ha sempre detto tutto e il contrario di tutto. Proprio per questo non può più dire niente senza contraddire se stesso. Prendiamo solo l’ultimo caso. Quello dello scherzo telefonico dei due comici russi in odore di servizi segreti ai danni della premier Giorgia Meloni. Un episodio che sicuramente suscita tante domande e altrettante perplessità sulla facilità con cui Vovan e Lexus hanno “bucato” tutti i filtri che dovrebbero proteggere un capo di governo di un Paese del G7 da un’incursione pericolosa, come quella messa a segno dai due comici il 18 settembre scorso. Conte commenta subito e non si risparmia, parlando di “figuraccia planetaria” e avverte: “Meloni pensava di parlare con un alto rappresentante africano invece era al telefono con due comici russi, a cui ha spiegato le posizioni del nostro Paese su dossier delicatissimi per la nostra sicurezza e credibilità, dalla guerra ai migranti”. Poi incalza ancora Meloni: “Quando fornirà le necessarie spiegazioni al Paese? Dobbiamo attendere i prossimi ‘appunti di Giorgia’ o possiamo confidare che verrà a risponderne in Parlamento?”. Tutto giusto. E infatti Matteo Renzi twitta: “Bravo Conte, stavolta hai ragione”. Il leader di Italia Viva però sottolinea la contraddizione: “La Premier Meloni deve rispondere dell’inganno dei due comici russi. E tu invece quando risponderai per aver fatto entrare l’esercito russo in Italia durante la pandemia? Quelli erano soldati, non comici. Caro Conte, la tua doppia morale ti impedisce di fare il moralista a senso unico”.

Si parla della famosa missione “Dalla Russia con amore”, concordata da Conte con Vladimir Putin in persona. Ufficialmente una spedizione umanitaria, anche se condotta da militari. Con dubbi mai chiariti su eventuali informazioni importanti sulla sicurezza nazionale che i benefattori in divisa inviati dal Cremlino per soccorrere l’Italia durante la fase più dura dell’emergenza Covid avrebbero potuto raccogliere indisturbati. Pagine in chiaroscuro, più ombre che luci. Come, sempre a proposito di sicurezza nazionale, le visite in Italia nel 2019 dell’allora procuratore generale americano William Barr per incontrare i vertici dei servizi segreti italiani. Incontri irrituali, che secondo diverse fonti erano stati autorizzati direttamente dall’allora premier Conte, che non ha mai ceduto a nessun sottosegretario la delega sui servizi segreti. Vertici a tema Russiagate. Incontri segreti che, secondo la stampa Usa e non solo, erano finalizzati a dimostrare la teoria del complotto, cara a Donald Trump, di un Russiagate come macchinazione ordita da Renzi e Barack Obama.

Anche per questo sono contraddittorie le affermazioni di Conte sulla politica estera italiana di Mario Draghi e Giorgia Meloni, a suo giudizio troppo schiacciata sugli Usa. “Non prendo ordini da Washington”, era arrivato a dire il leader del M5s nell’ultima campagna elettorale per le elezioni politiche. Eppure la sua vicinanza a Trump è documentata ed era rivendicata. Conte è lo stesso ex presidente del Consiglio che oggi non è credibile quando va all’attacco contro il sovranismo di Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Conte parla di “sovranismo da operetta” di Meloni e da premier giallorosso nel 2021 se la prendeva furibondo con “le derive nazionaliste e le logiche sovraniste”. Peccato che lo stesso attuale leader del M5s, in versione gialloverde, nel 2018 andava al Palazzo di Vetro dell’Onu a dire che “sovranismo e populismo sono in Costituzione”. Non basterebbe l’edizione integrale del giornale per elencare una a una tutte le contraddizioni e le giravolte di Conte. Perfino sulle armi. Il suo cavallo di battaglia da quando è cominciata la guerra in Ucraina. Il presidente del M5s si è travestito da pacifista e tuona contro l’obiettivo Nato del 2% del Pil per la Difesa. Peccato che i suoi due governi, tra il 2018 e il 2021, abbiano aumentato le spese militari da 21 a 24,6 miliardi di euro l’anno, con una crescita del 17%.

Conte non si capisce cosa pensi nemmeno sui diritti civili. Nel contratto di governo gialloverde del primo governo dell’avvocato di Volturara Appula non c’era traccia di queste questioni. Il programma del M5s per le elezioni politiche del 2022 era invece molto progressista e proponeva l’adozione per i single e per le coppie omosessuali, nonché il matrimonio egualitario. Ma a giugno scorso Conte ha preferito non andare al Roma Pride. Per non parlare dell’immigrazione. Adesso il presidente del M5s contesta da sinistra le politiche di pugno duro sui migranti e allo stesso tempo dice al Pd di Elly Schlein che lui, a differenza dei dem, “non è per l’accoglienza indiscriminata”. Chi ci capisce è bravo. Quel che è certo è che Conte, quando era al governo con la Lega, ha firmato i decreti sicurezza di Matteo Salvini e si è fatto fotografare sorridente insieme all’allora ministro dell’Interno con tanto di cartelli in cui si annunciava la stretta salviniana sui migranti. E allora è lecito farsi una domanda: che valore hanno le prese di posizione di Conte?