Analisti e studiosi hanno da tempo provato a spiegare i ripetuti successi elettorali del populismo di destra facendo riferimento all’uso spregiudicato dei nuovi media digitali. Queste tecnologie dell’informazione e della comunicazione tenderebbero a trasformare il processo di formazione delle opinioni in uno spazio nel quale i cittadini sono formalmente eguali e dove ciascun utente è messo in grado d’interagire sullo stesso piano con tutti gli altri.

Tuttavia, nonostante abbiano portato a una “democratizzazione” della libertà di opinione, si sono anche rivelati uno strumento più consono alla demagogia che alla deliberazione ragionata. Quel che è certo è che i nuovi media non sono forme di comunicazione neutrali, come si può facilmente rilevare dalla correlazione fra l’uso di certi social e alcune esplosioni di violenza collettiva. Internet permette di eludere i tradizionali veicoli dell’informazione, stampa e televisione, e offre agli imprenditori-politici-populisti l’opportunità di diffondere fake news che polarizzano l’opinione pubblica e alimentano la spirale di antipolitica o di depoliticizzazione dei cittadini.

Ma perché tutto ciò funziona? Una possibile risposta può essere individuata nella cibernetica, che il suo fondatore, Norbert Wiener, definiva come studio del controllo e della comunicazione nell’animale e nella macchina. Wiener aveva cercato di spiegare diversi aspetti della società evocando un concetto scientifico noto come seconda legge della termodinamica. Questa legge dice che con il passare del tempo l’ordine è destinato a trasformarsi in disordine: nello scenario attuale, l’informazione attendibile è condannata a essere sopraffatta dalla confusione, dalle incertezze e dal rumore. In matematica il grado di disordine viene spesso misurato da una quantità chiamata entropia. La seconda legge può essere perciò riformulata affermando che, nel corso del tempo, l’entropia non può che aumentare sino a uno stato di disordine massimo.

Nell’ambiente comunicativo generato dai nuovi media è destinata a crescere anche la massa delle informazioni volutamente esagerate o persino deliberatamente false, volte a creare disorientamento e confusione. Gli esseri umani sono attratti dalle informazioni che offrono una relativa certezza, anche se sono errate, per cui, in una situazione di tipo binario, l’incertezza maggiore si verifica quando le due alternative sembrano ugualmente probabili. Per una persona che crede in una delle due alternative, il percorso meno incerto consiste nel rimanere aggrappati alla propria convinzione. E quindi, in un mondo in cui qualsiasi informazione può essere facilmente diffusa in lungo e in largo, ma dove le persone sono restie a sottoporre le proprie opinioni a un processo di revisione e a intavolare discussioni con ragioni pro e contro, i professionisti della manipolazione hanno facile gioco nel promuovere la polarizzazione della vita politica facendo ricorso alle spiegazioni monocausali e agli slogan più semplici, capaci di parlare non al “cervello” ma alla “pancia” degli elettori.

Perché in una società polarizzata non troviamo schiere di populisti affollarsi anche a sinistra, o al centro, dello spettro politico? La sinistra e i centristi sembrano molto più cauti nell’offrire risposte irrealistiche a problemi complessi. Al contrario, il populismo di destra non esita a dare ai cittadini le certezze di cui hanno bisogno, a cominciare dalla semplificazione del gioco politico, ridotto a due soli giocatori: il popolo incorrotto e l’élite corrotta. La drammatica serie di incertezze imputabili alle continue emergenze – belliche, economiche, ecologiche – che sembrano rimettere sistematicamente in discussione i princìpi d’ordine apparentemente più consolidati può così essere surrogata da una narrazione creata ad hoc.

Prima fra tutte, quella che imputa ogni colpa, ogni insuccesso, oppure ogni fallimento, all’opera di sabotaggio compiuta da un complotto tentacolare che può includere l’establishment, le lobby antinazionali, la cleptocrazia internazionale – e l’elenco potrebbe continuare. E se questi “nemici” non esistono? Basta inventarne uno nuovo, affinché in una società divisa e frammentata, ognuno possa sapere qual è il suo posto e qual è il suo ruolo in linea con la relazione amico-nemico, sulla quale si basa il fenomeno populista. Una logica che è quella del dualismo: “noi” (la maggioranza) contro “loro” (le minoranze), senza che sia prevista la possibilità di più partiti come grazie a un sistema elettorale proporzionale.

Il problema, ovviamente, è che raramente esistono soluzioni semplici a problemi complessi. Wiener già nel 1950 sosteneva che avremmo pagato il prezzo delle nostre azioni nel momento in cui sarebbe stato più difficile farlo. Per questo, le forze politiche impegnate a promuovere una alternativa al populismo di destra dovrebbero, finché sono in tempo, prendere atto che gli elettori, ormai abituati a frequentare pressoché quotidianamente i nuovi media, possano essere interpellati attraverso messaggi semplici ma non per questo semplicistici, capaci di essere verificati attraverso l’esperienza diretta delle persone e degli eventi in modo da ridurre l’entropia informativa, che condanna la comunicazione ragionevole a essere soverchiata dal disordine in cui prospera quel genere di falsità e di disinformazione che i leader populisti si sono dimostrati capaci di sfruttare a loro vantaggio.

Edoardo Greblo, Luca Taddio

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