Balcani, terre d'Europa
Politica di allargamento, non solo numeri: innanzitutto persone
Si tratta di dare un futuro a persone che condividono i nostri valori, le nostre speranze, le nostre aspettative
La presidente della Commissione europea, Von der Leyen, ha annunciato che intende impegnarsi per una politica di allargamento seria nella prossima legislatura. Viene da chiedersi perché la politica di allargamento di questa legislatura non fosse, di conseguenza, seria. Il problema vero di come la Commissione europea e il Servizio Diplomatico europeo hanno gestito la politica di allargamento in questi anni è la mancanza di connessione con i cittadini dei paesi dei Balcani. Le decisioni che vengono prese a Bruxelles non solo non tengono conto della vita quotidiana delle persone in Kosovo, in Serbia, in Macedonia del Nord, in Albania, in Bosnia ed Erzegovina o in Montenegro, ma spesso puntano su alcune questioni irrilevanti per le persone (e non fanno presa sull’opinione pubblica). Giochi politici, trascinati da autocrati o da politici che hanno a cuore solamente i propri interessi. E questi patti con gli autocrati rovinano sia la credibilità del processo intero sia l’efficacia della politica di allargamento (in quanto i compromessi sulle riforme sono spesso solo di facciata e le riforme, anche se adottate, non vengono attuate).
Il tema è complesso, ma può essere chiarito; attraverso l’iniziativa che ho costruito, dal nome “United for Kosova & Bosnia and Herzegovina” ho modo di confrontarmi quotidianamente con cittadini kosovari e bosniaci sui metodi e sull’approccio generale dell’Unione europea e su come vengono percepiti. La nostra associazione ha come obiettivo quello di fare da tramite fra politici e popolazione in Kosovo e in Bosnia ed Erzegovina. Riusciamo a portare a Bruxelles la narrativa dei fatti, di quello che sta succedendo nei vari territori. Mentre da Bruxelles, purtroppo, ci si focalizza solamente sui propri obiettivi. E nei paesi cala il sostegno all’integrazione europea, giorno dopo giorno. Urge un reset generale della politica di allargamento, ma temo che se Von der Leyen restasse alla presidenza della Commissione, questa ripartenza non avverrà. Anzi, è più probabile che questo continuo sostenere gli autocrati nei Balcani nel nome della stabilità resterà la politica ufficiale anche della prossima legislatura. Una tale scelta sarebbe un male per i Balcani, ma anche per la stessa Unione europea.
Come vediamo con la posizione della Serbia, stiamo permettendo alla Russia di prendersi troppo spazio nella regione. Perché sostengo che la politica di allargamento non riguarda solo numeri e questioni politiche? Perché tendiamo a credere che si tratti solo di giustizia, stato di diritto, economia, agricoltura. E invece si tratta di molto di più. Si tratta di dare un futuro a persone che condividono i nostri valori, le nostre speranze, le nostre aspettative – con la differenza che sanno che cosa vuol dire vivere una guerra, e cosa vuol dire doversi arrangiare da soli. Solo chi ha vissuto le guerre degli anni ’90 o almeno ha studiato la storia recente, sa che cosa ancora vivono le vittime di quelle guerre. La mancanza di giustizia, la ricerca disperata dei corpi dei famigliari ancora dispersi, la fatica di confrontarsi con uno stato che non soltanto non aiuta in questo, ma spesso perfino ostacola. La prospettiva dell’Unione europea è perciò fondamentale, ma queste persone non hanno più la speranza che possa davvero accadere. La fiducia nell’UE in Kosovo è del 63%. Seguono la Bosnia-Erzegovina, con il 57%, e il Montenegro, con il 54%. In Macedonia del Nord il 48% delle persone tende a fidarsi dell’UE, contro il 46% che tende a non fidarsi. In Serbia solo il 32% delle persone tende ad aver fiducia nell’UE, mentre il 61% non ce l’ha. Questi risultati, anche se sembrano comunque alti, sono molto più bassi di qualche anno fa e dimostrano che l’Unione europea sta perdendo la presa su questi paesi. E il motivo è proprio che considera il processo di allargamento un processo tecnico, senza considerare la sua implicazione politica ma anche personale. È questo il primo problema da affrontare.
Se Von der Leyen rimane presidente della Commissione, sarà però difficile cambiare; la sua posizione sui Balcani è problematica, a partire dalla sua posizione nel Dialogo tra Kosovo e Serbia. È dunque ora di riportare al centro della politica di allargamento le persone, ciò che vogliono e provano, e non limitarsi a cambiare qualche articolo o una legge. Certo, la preparazione tecnica è fondamentale per l’adesione, ed è necessario che questi paesi si allineino alle regole giuridiche comuni e siano capaci di attuarle. Ma l’Unione europea è basata sui valori comuni, come la libertà, la democrazia e i diritti. Pertanto non può sostenere politici della regione autoritari e nefasti per questi paesi. Chi vive e lavora nei Balcani merita chiarezza e una prospettiva di politica di allargamento seria, fondata sulle esigenze della cittadinanza, e non solo della politica.
© Riproduzione riservata