L’approccio italiano alle politiche energetiche troppo spesso patisce resistenze ideologiche e assolutistiche che impediscono la costruzione di una visione strategica. Sostenere la crescita delle rinnovabili, per esempio, viene associato a un’ostilità nei confronti del nucleare. L’equazione che genera questa conflittualità rappresenta proprio il paradigma delle criticità che rallentano sostenibilità e sviluppo industriale. Occorre quindi ribaltare il profilo metodologico, perseguendo un gradualismo inclusivo piuttosto che un massimalismo totalizzante. Non possiamo e non dobbiamo assecondare la dinamica delle tifoserie contrapposte.

Le posizioni delle aziende

È frequente la tendenza a ritenere che le aziende del settore fotovoltaico presentino posizioni pregiudiziali contro il nucleare e le altre tecnologie funzionali al raggiungimento dell’indipendenza energetica, alla decarbonizzazione e all’abbassamento dei costi. Si tratta di una convinzione totalmente errata. È fuorviante configurare una dicotomia tra fotovoltaico e nucleare. Entrambe le soluzioni tecnologiche vanno perseguite, tenendo bene a mente le diverse tempistiche di implementazione. Il fotovoltaico è già oggi disponibile, a costi assolutamente competitivi. La tecnologia nucleare, invece, ad oggi non è disponibile in Italia. Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica stesso ci ha spiegato che i primi reattori di 4° generazione saranno pronti nel 2033-35.

La mancanza del nucleare

Serviranno poi un quadro normativo adeguato, una filiera integrata di approvvigionamento delle materie prime, delle professionalità, delle aree di stoccaggio dei rifiuti radioattivi. La tecnologia fotovoltaica, dal canto suo – specie quella implementata su scala industriale (cosiddetta Utility Scale) – rappresenta una realtà ormai consolidata, sviluppatasi già alla fine degli anni ’90. Possiamo affermare pacificamente che non siamo in alcun modo contrari allo sviluppo del nucleare. Allo stesso tempo, riteniamo fondamentale continuare a investire in ricerca e sviluppo delle tecnologie rinnovabili. Il fotovoltaico è in grado di attivare 150mila posti di lavoro, grazie a 20 miliardi di investimenti privati che non gravano in alcun modo sulle finanze pubbliche.

Investire in ricerca e sviluppo

La transizione energetica può contribuire fortemente a contrastare i drammatici problemi climatici che minacciano il nostro pianeta. Ma non è solo un tema ambientale: è anche una questione di libertà. L’Italia è il paese europeo con il maggior grado di dipendenza energetica da fonti estere: il 74,6% del nostro fabbisogno energetico, infatti, dipende dalle importazioni di prodotti petroliferi e di gas naturale proveniente da paesi stranieri. Se crediamo nella transizione dobbiamo comprendere che essa passa necessariamente attraverso una trasformazione delle abitudini, delle priorità, del nostro paesaggio, delle infrastrutture. Un mutamento positivo che deve diffondersi e attecchire in modo capillare, a partire dei territori, non restando più circoscritto soltanto agli addetti ai lavori.

Filippo Fontana

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