Il laboratorio creativo permanente compie 10 anni
Popsophia, così abbiamo realizzato l’intuizione di Gilles Deleuze

«La filosofia è in un rapporto essenziale e positivo con la non-filosofia: essa si rivolge direttamente ai non-filosofi». Lo diceva Gilles Deleuze che, nel 1977, coniò il termine pop’philosophie.
Nel 2011, il nostro festival “Popsophia” – che a quest’idea si ispira – ha deciso di raccogliere quest’energia primigenia che spinge la filosofia oltre se stessa. Nei suoi dieci anni di attività, Popsophia è diventata un laboratorio creativo permanente che dà spazio a una nuova generazione di studiosi, di artisti, di giornalisti e di editori desiderosi di sperimentare nuovi sentieri di ricerca.
Se la filosofia non si confronta con i miti e i riti del proprio tempo è solo «una scienza superfluissima e noiosissima» come profetizzava Hegel, tanto lontana dal mondo da diventare la parodia accademica di se stessa. Utile soltanto a riempire manuali scolastici con una lunga filastrocca di polverose teorie.
La Popsophia, invece, è una filosofia mutante che unisce universi antagonisti: la cultura pop e la riflessione filosofica. Un pharmakon intellettuale (che, come tutti i medicinali, ha le sue controindicazioni e avvertenze) necessario per evitare una gabbia filosofica asfittica che guarda solo al passato e che nulla ha da dire sul presente.
Un modo per combattere la triste e sterile filosofia accademica che piange, con odiosa pedanteria, sulla perdita di una felice e incantata età dell’oro premoderna e pretecnologica. Al contrario, la Popsophia si confronta aspramente e sfacciatamente con le continue trasformazioni dei fenomeni pop che pervadono l’attualità. Parafrasando impunemente il Socrate del Teeteto di Platone, la popsophia assomiglia all’arte delle levatrici, pur operando sulle pop-star, sulle fiction, sui programmi tv, sui fumetti, sui best-sellers, sul reality show e non sulle partorienti. Un tentativo di discernere, in mezzo alle infinite sollecitazioni del presente, nuove domande, nuovi strumenti, nuovi linguaggi, nuove idee.
Miti del contemporaneo, riti moderni, racconti esemplari, ossessioni di massa. Nella società odierna i vecchi modelli archetipici persistono, i miti del mondo classico si sono inabissati nel nostro substrato culturale e riaffiorano sotto le sembianze di nuove figurazioni morali o con altri camuffamenti delle forme dello spettacolo, televisivo, cinematografico, mediale.
Miti e riti nella società di massa si sovrappongono e tendono entrambi, attraverso l’incessante narrazione pop, a disegnare gli attuali lineamenti del reale. Miti e riti di ultima generazione. La moda, la pubblicità, il cinema, i telefilm, i fumetti, la musica, i social network – in quanto “oggetti pop” che determinano il nostro immaginario etico ed estetico – meritano più di una rapida e snobistica sottovalutazione a priori. Sono un sensibile sismografo del presente.
In fondo, come scrive Sartre, «non possiamo perdere nulla del nostro tempo, forse ce ne sono di migliori, ma questo è il nostro». In questa prospettiva, non c’è niente di intoccabile: nulla di tanto alto da non poter essere criticato, nulla di così basso da non meritare considerazione.
Ed è importante che l’osservatore partecipi all’oggetto delle sue osservazioni, «occorre conoscere il mondo senza sentirvisi estranei, divertirsi a flâner sui grandi boulevard della cultura di massa» come scrive Edgar Morin. Quella del pop filosofo è un’erranza nel caotico immaginario contemporaneo mossa dal piacere prima che dallo spirito critico.
La cultura di massa è un mysterium tremendum et fascinans: ne siamo terrorizzati e attratti, spaventati e meravigliati, inquietati e innamorati. Di fronte a questa inorridita fascinazione è impossibile una critica neutra, codificata, apatica e asettica. Possiamo permetterci, direbbero gli antropologi, solo “un’osservazione partecipante” che tenga conto di questa ineliminabile ambivalenza emotiva.
È necessario cambiare l’oggetto del discorso filosofico, ma è fondamentale anche stravolgere la forma, il modo con cui la filosofia si esprime. È giunto il tempo di esplorare forme alternative al saggio accademico, alla lectio magistralis e al convegno cattedratico. La popsophia cambia il “format” della filosofia, lasciandosi contaminare dalle forme narrative odierne, dalle sperimentazioni dell’arte contemporanea e dai linguaggi della multimedialità.
Per questo – per festeggiare il decennale del festival nella città dove è nato, Civitanova Marche – abbiamo coniato un nuovo format popfilosofico, “rocksophia”, un vero e proprio spettacolo tematico con performance teatrali, esecuzioni musicali dal vivo, montaggi video e improvvisazioni filosofiche. Un concerto rock filosofico dove pathos e logos, emozione e riflessione, energia e pensiero non sono disgiunti.
In questo modo il festival – che si svolgerà a Civitanova dal 29 luglio al 1° agosto – non è una mera passerella estiva di filosofi e intellettuali più o meno noti che presentano il loro ultimo libro (una prassi molto in voga nei palinsesti dell’estate culturale italiana), ma un luogo in cui si produce pensiero, un evento in cui si fa cultura con contenuti e con linguaggi nuovi.
La filosofia, oggi più che mai, ha bisogno di voci e posture che dimostrino che piacere e conoscenza, godimento e ragionamento non sono concetti alternativi. Perché alla fine, parafrasando Roland Barthes, «le cose intellettuali dovrebbero assomigliare alle cose amorose».
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