Gino Strada, che di sanità se ne intende, ha esternato la necessità di riaprire alcuni ospedali in Calabria. Saggia decisione, sempre meglio prevenire, essere pronti all’emergenza nel caso il Covid decida di infierire. Non fu invece saggia quella di chiuderne 18 nel primo decennio del 2000, per l’idea di sopperire con cinque nuovi – poi ridotti a quattro, infine a tre. L’ottica era di avere strutture all’avanguardia e raggiungere lo standard nazionale, pari al 3,2/3,3 per 1000 di posti letto per acuti. Ebbene, gli ospedali non sono stati realizzati e i vecchi rimangono chiusi.

Così, da quasi 15 anni nella Piana di Gioia Tauro e nella Locride l’indice si attesta a meno dell’1 per 1000. Da questa negazione di un diritto prioritario, la tragica emigrazione per salute. La logica avrebbe suggerito la chiusura in presenza delle strutture ultimate e funzionanti, e non a seguito della prima pietra, messa in pompa magna e finita chissà dove. Certamente, c’è l’inconsistenza della classe politica che lo ha consentito. E c’è il “suicidio elettorale” di noi cittadini che non impariamo a scegliere, ci affidiamo ai compari, a teste di legno, ci propongono un ciuccio e quel ciuccio portiamo in processione. Temo anche che ci sia il calcolo cinico di altri che hanno investito nella sanità locale. E di chi ha interesse, nelle regioni attrezzate, a che la situazione rimanga inalterata, per non disperdere un’utenza sanitaria che porta soldi e torna comoda al sovradimensionamento rispetto agli standard – senza i nostri viaggi della speranza, la sanità pubblica e privata avrebbe difficoltà a riempire le degenze.

Già basterebbe questo a decidere inefficienti e inutili, se non dannosi, i commissariamenti – lo sono pure quelli nei Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose in base a leggi che fanno la pipì sulla Costituzione. Apposta mi rivolgo a Gino Strada. E non al Commissario di fresca e travagliata nomina. Non è per scarsa fiducia nei suoi confronti. Avrà sicuramente grandi competenze e capacità manageriali. Ma, lui innocente, la sua nomina è uno sputo in faccia ai calabresi, ritenuti talmente inquinati da dover scartare che ci si affidi a uno di loro e da dover essere, ancora e sempre, militarizzati pur a fronte delle precedenti militarizzazioni rivelatesi una catastrofe, con aggiunte di guasti ai guasti, di ulteriore degrado a un sistema sanitario ch’era già un colabrodo.

Ottima la prima decisione di Strada di riaprire i vecchi ospedali. Se non orzo, paglia produrranno. Ha parlato di Cariati e di Gerace. Io aggiungo Taurianova, dove esiste un reparto modello di medicina con 24 posti letto mai aperto a tale scopo e oggi utilizzato per attività non di degenza. E non sarebbe male un’occhiata ad altri, come quelli di Cittanova, di Siderno, di Scilla – su Locri, che comunque è aperto, c’è l’anomalia che, nonostante il parere preventivo antincendio dei vigili del fuoco, datato 2014 o 2015, ancora non si sia provveduto ad appaltare i relativi lavori, e qui si registra la noncuranza dei Commissari.

C’è poi la possibilità della facile creazione di 18 posti letto di terapia intensiva, 6 nell’ospedale di Gioia Tauro, 6 in quello di Palmi, 6 in quello di Oppido Mamertina. Da allocare nei reparti operatori non funzionanti ma nuovi – due, Palmi e Oppido, mai entrati in funzione, e uno, Gioia Tauro, in attività fino a un paio di anni fa. Esistono infatti 4 postazioni nei tre locali risveglio, per un totale di 12, e 2 postazioni, 1 in ciascuna delle 2 sale operatorie dei 3 reparti, per un totale di 6. Hanno le caratteristiche di una terapia intensiva. A Oppido occorrono opere preparatorie e di riadattamento, per i danni causati dall’ingiuria del tempo e dell’abbandono. Negli altri due ospedali, le 12 terapie intensive sarebbero utilizzabili quasi subito.

Il condizionale è d’obbligo, perché il problema non è tecnico, relativo ai lavori di ripristino, piuttosto di risorse umane, mancando personale da dislocare. I Commissari che si sono succeduti mai si sono preoccupati della vistosa carenza di medici e infermieri – addirittura, le ambulanze del 118 si muovono spesso senza medico a bordo, stando alle segnalazioni ufficiali di alcuni addetti. Ritenevano che il modo migliore di rientrare dal passivo fosse il risparmio sulle assunzioni. Così, le svariate migliaia di professionalità andate in pensione non sono state sostituite. E i mancati concorsi per medici e infermieri hanno provocato un’emergenza che ci lascia con il culo più nudo di quello d’una scimmia.

Solerzia invece per alcuni riservati a precari i cui contratti a termine sono prorogati da decenni. Saranno dirigenti del personale tecnico e amministrativo. È giusto. Pur con la particolarità di essere congiunti di importanti dispensatori di Giustizia. Nulla da eccepire, non può diventare discriminante una parentela importante – certo, avessero avuto anche un lontano parente ’ndranghetista, apriti cielo! Nulla da eccepire se tutto avverrà a norma di Legge e se uguale trattamento sarà riservato a chi, nella stessa posizione, non ha santi in Paradiso.

Merita un’annotazione la struttura dove erano, e in parte sono, allocati gli uffici amministrativi dell’ex Asl di Palmi. Si rese necessaria per riunire in un’unica sede i tanti uffici sparsi nel territorio, per una maggiore efficienza del sistema e per alleviare il costo degli affitti. Vi trovarono posto circa 140 dipendenti. Da qualche anno vi sono pochi superstiti. Oggi circa 30 a fronte di 3000 mq utilizzabili (100 mq a persona). A gennaio saranno solo in 16 (quasi 200 mq a persona). E questo biforca il problema: o si irrobustisce la presenza spostando servizi dislocati altrove, per esempio liberando il reparto di Taurianova di cui si è già detto, o si disdice l’affitto, che costa 220.000 euro all’anno, cifra che lievita di molto con le spese di gestione.

I Commissari invece sul punto sono immobili nonostante le segnalazioni. E qualche malpensante va spargendo che non si intenda corrucciare un affine. Beh, visto ch’è nostro destino essere scortati da uomini in divisa e da prefettizi, che almeno siano loro i primi a dare il buon esempio.