Premio Strega, vince Trevi ma non basta a smorzare una serata noiosa

Dopo l’imprevedibile eliminazione di Sembrava bellezza dalla cinquina finalista del Premio Strega 2021, proclamata al Teatro romano di Benevento lo scorso 10 giugno, ossia dell’ultimo romanzo mondadoriano di Teresa Ciabatti, accolto subito come caso editoriale e sulla carta vincitore dello Strega di quest’anno, per Due vite di Emanuele Trevi la strada del favorito era tutta in discesa.

E infatti ad accaparrarsi il prestigioso premio dell’editoria nostrana, o meglio, il premio che «permette di vendere quattro, cinque volte di più rispetto a quanto si è venduto prima» – ha tenuto a farci sapere Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci che organizza la kermesse – è arrivato proprio al lavoro virtuosissimo di una casa editrice indipendente vicentina, Neri Pozza, e a un libriccino di appena cento pagine. Libriccino sì, nel formato, che nel frattempo, dopo la candidatura di Francesco Piccolo, ha anche cambiato faccia (e prezzo!), ma che continua ad avere l’aspetto di un piccolo ordigno esplosivo. Due vite racconta, alla maniera di Trevi, e quindi a metà tra il saggio e il romanzo, la storia di un’amicizia triangolare, quella dell’autore con la slavista, traduttrice e “scrittrice pornografica”, Pia Piera, e lo scrittore saturnino “dal nome di una perizia geografica”, Rocco Carbone.

Entrambi scomparsi prematuramente, ma riesumati da una letteratura, quella che da anni coltiva Trevi, che sopravvive alla corrosione del tempo. La serata di giovedì al Ninfeo di Villa Giulia, però, si è rivelata tutt’altro che godibile. Una claudicante e ormai onnipresente, quando si tratta di cultura istituzionalizzata, Geppi Cucciari al timone di una rincorsa televisiva senza sosta, su Rai 3. Le battute di spirito da baby boomer della presentatrice sono rimbalzate senza riscontro di pubblico, sfiorando l’age shaming ai danni della novantenne Edith Bruck, quando ha ricordato, ghignando, il libro vincitore del Premio Strega Giovani, appunto Il pane perduto. Lo Strega Giovani? A una novantenne? Che gran ridere! Se non fosse che lo Strega Giovani è il premio conferito dai giovani e non ai giovani! E a proposito di età, applausi a Giulia Caminito che è riuscita a smarcarsi, pur di fronte agli occhi al cielo di Cucciari, dall’abusata etichetta, minimizzante e tutta italiana, di “giovane scrittrice”: quando hai 33 anni, sei un’editor, direttrice di una rivista letteraria e hai scritto tre libri, non sei una principiante. Chapeau!

Non sono mancati neanche attimi di panico e sconcerto, quando è comparsa la copertina del libroide biografico-testamentario di Giorgia Meloni, Io sono Giorgia, che a qualcuno è sembrata l’occasione perfetta per prestare il fianco alla gag “Io sono Giorgio”, col faccione del Mastrota dei materassi in copertina. Esilarante, davvero. Per niente cringe. Così, tra una conversazione sui vasi etruschi oltre la mezzanotte, una stoccata di Cucciari ad Andrea Bajani: «Non ho sottolineato nulla del tuo libro, come se avessi voluto sottolineare tutto e niente», che tradotto vuol dire: “Ah, che bel libro qualunquista che hai scritto!”, Veronesi finalmente proclama il vincitore: «Con 187 voti, il vincitore è Due vite di Emanuele Trevi, Einaudi». Ma come Einaudi? Che brutta figura di fronte al parterre editoriale tutto spiegato lì davanti! Possiamo solo immaginare che noia sarebbe stata se Trevi non avesse avuto il lampo di genio e l’ardire postmodermo di presentarsi in diretta nazionale con le scarpe della Lidl, ricercatissime sulle aste web, e se non ci fosse stata la candidata Einaudi, Donatella Di Pietrantonio, a esibire con orgoglio il suo palmo riportante la scritta “Ddl Zan”, a salvare la serata e la faccia di un’editoria sonnacchiosa.