Caro Riformista,
ho letto l’articolo pubblicato sul suo giornale a firma del responsabile dell’Osservatorio Carcere dell’Unione delle Camere Penali Italiane (Ucpi), l’avvocato Riccardo Polidoro, e la ringrazio dello spazio che mi concede per ulteriormente sottolineare come io non pensi affatto che vi sia tempo da perdere prima di vaccinare i detenuti e tutti coloro che operano all’interno delle strutture penitenziarie, anzi.
L’appello avanzato dalla senatrice Liliana Segre e dal garante nazionale dei detenuti Mauro Palma, come ho risposto su Repubblica, merita seria attenzione. Innanzitutto evitando che si consumi «qualsiasi forma di discriminazione» in danno dei detenuti: il che significa, in primo luogo, non attribuire alcun rilievo, quando sono in gioco diritti fondamentali come la salute, al fatto di essere stati considerati colpevoli di condotte illegali o comunque di essere sottoposti a misure restrittive della libertà. Non subire discriminazioni ed essere «trattati, in linea di principio, come i cittadini liberi», in secondo luogo, – come ho cercato di dire – significa altresì considerare «le specifiche e concrete condizioni di vita e la necessità di evitare focolai in contesti di comunità nei quali risulti particolarmente difficile predisporre le misure di prevenzione».
Non so se i soci di un circolo di vela o burraco sperimentino «specifiche e concrete condizioni di vita» che li rendono più fragili rispetto alla diffusione del virus o se sperimentino «contesti di comunità in cui risulta difficile predisporre le misure di prevenzione». So però che i detenuti vivono una condizione che richiede particolare attenzione, proprio per garantire loro un trattamento non discriminatorio. E so che occorre proseguire con ancora maggiore determinazione nel ridurre il sovraffollamento, nel potenziare il ricorso alle misure alternative e, in attesa delle vaccinazioni, nel predisporre tutte le misure di prevenzione sanitaria possibili (triage, tamponi, distanziamento precauzionale e così via). Anche perché ridurre i rischi di diffusione dei contagi negli istituti penitenziari tutela la salute di tutti: della polizia penitenziaria, del personale amministrativo, dei detenuti e anche dei cittadini liberi, avendo ogni contagio ripercussioni sull’intero sistema sanitario.
Vorrei infine cogliere l’occasione per ringraziare la senatrice Liliana Segre e il garante nazionale dei detenuti Mauro Palma anche per i toni e per le parole con le quali hanno aperto il loro appello, sottolineando, da un lato, la difficoltà di decidere le priorità nell’accesso a un bene così prezioso e, al momento, scarso come è il vaccino e, dall’altro, l’opportunità di guardare all’azione del Governo – e in particolare alle decisioni del Ministro della Salute – «con rispetto, senza accavallare pressioni e senza la pretesa di avere la parola decisiva».

*sottosegretario alla Giustizia

Andrea Giorgis*

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