Il Pride e Milano. Da più di vent’anni, la grande manifestazione arcobaleno fa ormai parte della vita civica della metropoli. Le rivendicazioni non sono in realtà mai cambiate: si celebra l’amore in tutte le sue forme, e si chiede alla politica, alle istituzioni e alla società civile più diritti e vera inclusione. Dal 2013 – anno in cui la manifestazione milanese ha intitolato la sua parata al noto “orgoglio” ormai espressione di tutto ciò che ruota intorno al mondo LGBTQ – ad oggi, non c’è stato anno in cui il comune non abbia dato il patrocinio all’evento. All’epoca il sindaco della città era Giuliano Pisapia, poi, in continuità politica, è stata la volta Beppe Sala.

La prima sfilata strutturata per i diritti della comunità omosessuale a Milano, però, è un po’ in là nel tempo ed è datata 2001. Le testate che ne parlarono la definirono “la vera novità”, “il caso”, arrivato dopo parate simili in tutta Europa in cui si scendeva in piazza per chiedere, tra le altre cose, il registro delle unioni e le adozioni anche per coppie dello stesso sesso. Dieci anni dopo, è il 2011 e Pisapia è il neoeletto primo cittadino dopo anni di centro-destra al governo municipale, il Christopher Street Day – Milano Pride con lo slogan “Milano siamo anche noi” ottiene per la prima volta nella storia il patrocinio da Palazzo Marino.

La grande festa

I numeri iniziano a farsi importanti e la manifestazione arcobaleno più famosa d’Italia inizia a diventare di tutti coloro che hanno a cuore i diritti civili. Le cronache parlano di 50, poi 60 mila partecipanti. Nel 2015 gli organizzatori dichiarano 100 mila presenze. Dal 2017 in avanti non si registrano mai meno di 200 mila persone al Pride e anche quest’anno si stimano numeri importanti: in 300 mila, almeno, sono attesi al concentramento di via Vittor Pisani. Il lato più noto del Milano Pride è la grande festa di colori che attraversa la città, ma la manifestazione espressione di un movimento, di una piattaforma politica dove continuare ad insistere per i diritti della comunità LGBTQ+ e non solo.

“Ogni individuo ha diritto alla vita”

Non a caso il Milano Pride si presenta quest’anno con un documento che senza distinzioni, ricorda due articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, il primo e il terzo: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”, “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”, ricordando come Libertà, autodeterminazione, rispetto della dignità e dell’integrità fisica e morale di ogni individuo siano principi basilari della convivenza civile, riconosciuti dalla Costituzione della Repubblica Italiana e inscritti nell’idea stessa della civiltà umana.

A mancare è la Lombardia

Il Milano Pride oggi è di tanti: gode del patrocinio di circa 25 amministrazioni pubbliche dell’hinterland, e ha decine e decine di adesioni che spaziano dai partiti politici, ai sindacati, passando addirittura per ordini professionali. L’elenco degli sponsor è sempre più partecipato: per l’anno in corso sono ventuno, a cui si sommano diciotto Ambassador, oltre trenta tra supporter, sponsor tecnici, “amici” dell’iniziativa e cinque media partner ufficiali. In questa lunga lista di adesioni, però, non ci sarà Regione Lombardia. In settimana il Consiglio ha infatti respinto con 41 voti contrari, 20 favorevoli e un astenuto, una mozione presentata dall’opposizione che chiedeva una presenza istituzionale alla parata del 29 giugno.

Agnese Zappalà

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