Gli eserciti mercenari non sono un’invenzione russa, visto che la Francia ha la Legione straniera sotto il comando militare centrale, Stati Uniti e Regno Unito usano unità militari private per operazione che non compromettano il governo. Ma finora mai alcun Paese moderno si era attrezzato come la Russia di Putin, mettendo i mercenari al di sopra di un esercito nazionale erede dell’Armata Rossa che insegui i nazisti fino a Berlino. Ora, Prigozhin è (quasi certamente) morto ma la sua eliminazione non toglie nulla al fatto che questo “miles gloriosus” abbia messo in piazza davanti al mondo intero lo stato disastroso di un esercito nazionale che non può fare a meno di una banda di tagliagole ed ergastolani a pagamento se vuole espugnare Bakhmut.

Da quell’impresa di alta macelleria militare sono nate le proteste contro Mosca che gli negava le munizioni, poi l’outing del 23 giugno accusò Putin di aver fatto una guerra ingiusta e mafiosa (usò la parola “racket”) contro l’Ucraina, cedendo ad un gruppo di speculatori. Poi, quella marcia su Mosca finita nel nulla. Oggi tutti sono convinti che Prigozhin sia morto per ordine di Putin. Il che forse è vero ma è irrilevante: gli effetti restano identici perché il sistema militare russo si è trovato denudato dalle bravate e dal suicidio di questo ex venditore di hot dog perché la Russia non può affrontare una vera guerra senza affittare mercenari come lanzichenecchi che vanno sotto la sigla PMC, fatte di avanzi di milizie, ex terroristi e avventurieri fuorusciti che poi compiono i crimini che il mondo ha visto in Ucraina, in Africa del nord e centrale dove prendono il posto dei francesi in fuga.
Gazprom, il gigante energetico statale, ha ben due eserciti che si chiamano Fakel e Plamya, per garantire la funzionalità degli oleodotti con le armi. Tutte queste armate private, grandi e piccole, sono finanziate dal Cremlino che preferisce evitare di compromettere un esercito nazionale male addestrato e privo di motivazione.

Dato questo stato delle cose sembra improbabile che adesso l’armata Wagner orfana di Prigozhin, accetti di mettersi in fila con le nuove reclute. Ed è impossibile che Putin e Shoigu suo ministro della Difesa, possano rinunciare ai mercenari. La morte dell’ex cuoco di Putin chiude un’epoca ancora sperimentale e ne apre una rafforzata dall’esperienza sul campo, ma afflitta dalla corruzione. Prigozhin è morto certamente per aver messo in piazza i panni sporchi del governo e più ancora dell’esercito, suo nemico giurato.
C’è poi un fatto molto curioso: la fine del capo della Wagner è stata filmata da un cellulare. Si vede il jet, poi l’esplosione che fa staccare un’ala, il jet che s’impenna e precipita fino allo schianto e al rogo con i serbatoi pieni. I corpi sono irriconoscibili se non con il test del Dna e in teoria nessuno può dire se quel grumo di carne fumante sia Prigozhin e regge l’ipotesi di una assurda carneficina solo per consentire a Prigozhin di sparire. Ma non regge. Anche gli americani sono convinti che Prigozhin sia stato fatto uccidere da Putin, che gli ha reso distrattamente omaggio definendolo “una personalità complessa” e certo è straordinario il fatto che il tremendo attentato sia stato diffuso via Internet.

Che ne sarà adesso della Wagner? I canali Telegram dicono che saranno assorbiti dall’esercito ma non ci crede nessuno. Prigozhin era anche il testimone più scomodo: fu lui nel 2014 ad eseguire per conto di Putin la prima operazione in Ucraina con soldati privi di mostrine. Da allora sono diventati famosi per le atrocità commesse in Siria, Libia, Repubblica centrale africana, Sudan e Mozambico.
L’uomo più importante ucciso nell’attentato in cui è morto Prigozhin è stato Dmitry Utkin, un neonazista con i tatuaggi delle SS sul collo che battezzò il battaglione con il nome del nome Wagner molto amato da Hitler. È un fatto inoppugnabile che l’esercito privato di Putin fosse e tuttora sia composto da nazisti dichiarati e tatuati, mandati a denazificare l’Ucraina.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.