Pro-Pal in piazza il 5 ottobre: l’umiliazione del ricordo per celebrare la mattanza

La strage nei kibbutz, uno spietato attentato. Bambini trucidati e famiglie massacrate, una mattanza disumana. Ragazze stuprate e caricate sui furgoni, legate come carne da macello, una furia terrificante. Il 7 ottobre si avvicina, il mondo si prepara a fermarsi qualche istante per riflettere sull’attentato di Hamas al cuore di Israele. Anche se, c’è da aspettarselo, a regnare sarà un mutismo trasversale. D’altronde i veri protagonisti da quasi 365 giorni sono l’indifferenza generale e un assordante silenzio che – con il passare delle settimane – è diventato complice. Terreno fertile per quei pro-Pal che per mesi hanno scorrazzato lungo le nostre strade, pronunciando frasi di odio contro «gli ebrei» e comunicando all’intero globo il loro desiderio: sottrarre allo Stato di Israele il diritto all’esistenza.

La data di una rivoluzione

E così per i Giovani Palestinesi il 7 ottobre sarà l’occasione per togliere lo champagne dal frigo, stappare e finalmente festeggiare alla pazza gioia a un anno di distanza da quella che è stata definita «la data di una rivoluzione». Un momento per rimarcare il valore dell’operazione «della resistenza palestinese». Per questo il 5 ottobre 2024 – con tanto di bandiere e slogan – scenderanno in piazza a Roma per una manifestazione nazionale, «per sostenere il popolo palestinese e il suo movimento di liberazione nazionale». Ah, ovviamente anche per rendere onore all’intera Palestina «che resiste e insorge contro l’invasore e il suo Stato coloniale».

Il pericolo dell’antisemitismo

Sale su una ferita ancora aperta. La beffa a ridosso dell’anniversario dell’attacco spietato dei terroristi. Un’umiliazione sulla pelle del popolo israeliano che – ancora una volta – sta facendo i conti con l’antisemitismo, uno spettro che è tornato ad aleggiare sull’Europa tra bandiere strappate, pietre d’inciampo vandalizzate, stelle di David dipinte su abitazioni e negozi. Una vergogna senza fine, è la Storia che si ripete. E che prova a essere negata da chi, di fronte alle terribili immagini sul massacro nei kibbutz, ha il fegato di sghignazzare e di voltarsi dall’altro lato per imboccare la strada che porta al party nazionale.

Una veemenza che sa di sberleffo

Al di là delle frasi di elogio, a provocare rabbia è anche la coincidenza della data scelta per lasciarsi andare a poderose esultanze. Una veemenza che sa di sberleffo. Noi siamo qui, scendiamo in piazza a poche ore dal 7 ottobre, mentre voi versate le lacrime per i defunti e continuate a pregare per la liberazione degli ostaggi. Un ceffone al ricordo, che fa male come uno straccio zeppo d’acqua ricevuto in piena faccia. Eppure avranno piede libero. Ci mancherebbe. Non c’è da aver paura: gli anticorpi che abbiamo sviluppato negli anni ci consentono di ospitare anche la più disgustosa delle iniziative, senza alcun timore di essere infettati dal germe della bestialità. È consentito nella nostra Italia, patria della libertà, del rispetto e della tolleranza. Verso chiunque. È questa la differenza tra un’organizzazione terroristica e una società civile e democratica. Non contaminata. Sana. Che nulla ha da spartire con chi sogna di investire l’Occidente per esportare la cultura di una brutale disumanità.