Rivelazioni di segreto d'ufficio
Processo a Delmastro, Nordio sarà il primo testimone in aula. Quattro parlamentari Pd ammessi come parte civile
L’anarchico Alfredo Cospito, da anni detenuto in regime del 41bis e che sulla carta era il vero danneggiato dalla condotta di Andrea Delmastro, ha deciso di non costituirsi parte civile nel processo contro quest’ultimo. Hanno invece deciso di farlo, trovando ieri accoglimento da parte dei giudici del tribunale di Roma, Silvio Lai, Debora Serracchiani, Walter Verini e Andrea Orlando, i quattro parlamentari del Pd che erano andati a trovarlo nel carcere di Bancali nell’autunno del 2022.
Le parole di Donzelli
La vicenda che vede Delmastro imputato di rivelazione del segreto d’ufficio inizia a gennaio dello scorso anno, quando Giovanni Donzelli, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, intervenendo in aula decide di rivelare il contenuto dei dialoghi tra Cospito e due detenuti, ristretti con lui nel carcere sardo di massima sicurezza, riguardo la visita ricevuta nei giorni prima da parte dei quattro parlamentari dem. Donzelli, in particolare, legge le frasi pronunciate da Cospito a Francesco Di Maio, camorrista, e a Francesco Presta, ‘ndranghetista, a proposito dello sciopero della fame che sta conducendo da settimane per protestare contro il 41 bis e che deve diventare “una battaglia di tutti”, compresi quindi i detenuti per mafia. Quei brani di conversazioni erano all’interno di una delle relazioni di servizio che la penitenziaria trasmette al Dap dopo aver monitorato i detenuti ad alta sorveglianza. Alla domanda su come era stato possibile che la relazione su Cospito fosse divenuta di pubblico dominio, Donzelli aveva candidamente risposto che era stato Delmastro, titolare della delega sulla penitenziaria e che condivideva con lui una casa a Roma, a fornirgliela. Esplosa come prevedibile la polemica politica, con la maggioranza che accusava il Pd di vicinanza ai bombaroli, il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva cercato allora di gettare acqua sul fuoco.
La ricostruzione di Nordio
Chiamato quindi in Parlamento a ricostruire l’esatta dinamica dell’accaduto, dopo aver premesso che tali colloqui “non sono stati oggetto di un’attività di intercettazione ma frutto di mera attività di vigilanza amministrativa”, il Guardasigilli aveva precisato che “la natura del documento non rivela e disvela contenuti sottoposti al segreto investigativo o rientranti nella disciplina degli atti classificati”. Pertanto nessuna rivelazione era stata commessa da Delmastro. Il verde Angelo Bonelli, per nulla convito della bontà della ricostruzione di Nordio, nel frattempo aveva però presentato un esposto in Procura a Roma. Delmastro veniva così iscritto nel registro degli indagati ed interrogato a piazzale Clodio. La Procura inizialmente aveva ritenuto che le carte inviate al Dap dovessero rimanere nel ristretto ambito ministeriale, senza essere destinate all’esterno. Ad avvalorare questa tesi era stato il capo del Dap, Giovanni Russo, il quale aveva spiegato che la relazione della penitenziaria non fu inviata a Delmastro per ragioni d’ufficio, ma perché lo stesso sottosegretario l’avrebbe chiesta a più riprese, e con una certa insistenza.
La tesi non accolta dal gip
Nonostante ciò la Procura aveva deciso di chiedere l’archiviazione per Delmastro, mancando l’elemento soggettivo del reato. In altre parole, consegnando quei verbali avuti dal Dap a Donzelli, Delmastro non sarebbe stato consapevole della loro segretezza. Tesi non accolta dal gip secondo il quale politico meloniano, essendo un avvocato penalista e per giunta sottosegretario alla Giustizia, non poteva non sapere che quegli atti fossero segreti.
Una tesi molto singolare perché, sempre a Roma, in quel periodo erano state archiviate le posizioni dei consiglieri del Csm che vennero a conoscenza ed in possesso dei verbali degli interrogatori, quelli effettivamente coperti dal segreto istruttorio, resi a Milano dall’ex avvocato esterno dell’Eni Piero Amara sulla Loggia Ungheria. Nel provvedimento di archiviazione i giudici scrissero che vigendo sul punto una “normativa poco chiara” non sarebbero stati consapevoli della sussistenza di un segreto investigativo.“Nonostante tanti argomenti di merito per attaccarlo e chiedere le dimissioni, non resistono alla scorciatoia giudiziaria”, ha commentato Enrico Costa, deputato di Azione. Il processo è stato aggiornato a dopo le elezioni europee. Il 12 giugno, quando si tornerà in aula, la parola toccherà ai testimoni. Il primo dovrebbe essere proprio Nordio.
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