Un piccolo ‘sconto’, una rideterminazione della pena che non cambia di molto il quadro pesantissimo della accuse. La Procura generale di Reggio Calabria ha chiesto la condanna a 10 anni e 5 mesi per Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace imputato nel processo Xenia.

Quello che per molti era un modello di accoglienza e integrazione dei migranti nel piccolo paese della Locride, per la procura è invece un sistema criminale.

Al termine delle requisitoria tenuta dal sostituti procuratori generali Adriana Fimiani e Antonio Giuttari davanti alla Corte d’Appello di Reggio presieduta da Giancarlo Bianchi, i magistrati hanno chiesto Lucano una pena inferiore a quella inflitta dal tribunale di Locri, che lo aveva condannato a 13 anni e 2 mesi di reclusione.

‘Merito’ della richiesta da parte della Procura generale di assoluzione per un capo di imputazione, e di prescrizione per altri due capi di accusa relativi a presunti abusi d’ufficio: quello relativo alla mancata riscossione da parte del Comune dei diritti per il rilascio delle carte di identità, e quello sull’affidamento della raccolta dei rifiuti a due cooperative che utilizzavano gli asinelli per effettuare il servizio nel borgo ma che erano prive dell’iscrizione all’albo regionale.

All’ex sindaco di Riace vengono contestati i reati di associazione per delinquere, truffa, peculato, falso e abusi d’ufficio.

In aula a rappresentarlo c’erano i due legali, gli avvocati Giuliano Pisapia (ex sindaco di Milano) e Andrea Daqua, che aveva presentato ricorso contro la sentenza di primo grado sostenendo come nelle motivazioni della sentenza vi fosse una ricostruzione della realtà “macroscopicamente deforme rispetto a quanto emerso in udienza”, viziata da un approccio “aspro, polemico, al limite dell’insulto” e dalla preoccupazione di trovare Mimmo Lucano “colpevole ad ogni costo”.

Proprio i due legali hanno sottolineato al termine dell’udienza che “in parte i sostituti procuratori generali hanno condiviso quanto è stato sollevato da noi come difesa di Mimmo Lucano in contrasto con la sentenza di primo grado. Su altri punti non condividiamo sia le richieste di condanna che le motivazioni

Adesso iniziano le difese – ha aggiunto Pisapia – e noi confidiamo in una sentenza positiva“. Mentre l’avvocato Daqua ha sottolineato come “la Procura generale abbia condiviso l’eccezione sulla inutilizzabilità di alcune intercettazioni così come previsto dalla sentenza ‘Cavallo’ della Corte di Cassazione. Nel nostro intervento spiegheremo i motivi del nostro appello e chiaramente speriamo in un esito positivo perché abbiamo sempre ritenuto che i reati contestati a Mimmo Lucano sono insussistenti“.

Nell’udienza che ha preceduto la requisitoria i difensori dell’ex sindaco di Riace avevano ottenuto dal presidente della Corte Giancarlo Bianchi l’acquisizione di una perizia redatta dal consulente di parte, su 5 intercettazioni ambientali, mai entrate negli atti del processo di primo grado.

Conversazioni che secondo i due legali di Lucano proverebbero “l’insussistenza di metà processo”, intercettazioni che scagionerebbero Lucano.

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.