Inizierà domani a Genova il processo per il crollo del ponte Morandi avvenuto il 14 agosto del 2018 e dove hanno perso la vita 43 persone. Gli imputati sono 59, ad iniziare dall’ex amministratore delegato di Aspi, l’ingegnere Giovanni Castellucci, i suoi due vice, Michele Donferri Mitelli e Paolo Berti, i vertici di Spea, la società di ingegneria che aveva effettuato i controlli del ponte. Con loro anche funzionari del Ministero dei lavori pubblici e dell’Anas.

L’udienza di questa settimana servirà comunque solo ad incardinare il processo e fissare un calendario: il dibattimento, infatti, entrerà nel vivo solo dopo l’estate. Le udienze si terranno nella tensostruttura installata nell’atrio del tribunale, dove già si sono svolti i vari incidenti probatori e le udienze preliminari.

I vertici del tribunale del capoluogo ligure hanno previsto un collegamento audio-video fra la tensostruttura e altre tre aule palazzo di giustizia dove potrà essere presente il pubblico ed i giornalisti. Il collegamento sarà gestito direttamente dal Ministero della giustizia con un sofisticato sistema di sicurezza. Archiviata la polemica sul costo delle copie per avere gli atti, la partecipazione del pubblico al dibattimento si accinge a diventare il nuovo terreno di scontro. Essendo, come prevedibile, molto elevato il numero di giornalisti che ha chiesto di poter assistere al processo, il presidente del collegio, Paolo Lepri, ha emanato una ordinanza che ha avuto l’effetto di scontentare tutti.

Nel provvedimento del giudice si legge che è consentita la possibilità di registrare le immagini nelle aule solo prima dell’inizio del processo e per dieci minuti. Poi via i giornalisti con macchine fotografiche e telecamere, con conseguente oscuramento delle udienze successive. Il provvedimento vieta perfino l’utilizzo delle immagini che saranno trasferite in sala stampa dal circuito chiuso. Quindi il giornalista che volesse riprendere con il telefonino quanto appare sullo schermo sarà passibile di denuncia, con conseguente sequestro dell’apparato. «A fronte del comprensibile interesse mediatico per i fatti oggetto del presente procedimento l’introduzione nell’aula di udienza di telecamere e altri strumenti per la ripresa audiovisiva del processo potrebbero determinare una spettacolarizzazione dell’evento prevedibilmente deteriore per il sereno e regolare svolgimento delle udienze», scrive Lepri.

Una decisione che non ha soddisfatto l’Associazione ligure dei giornalisti, l’Ordine dei giornalisti della Liguria e il Gruppo cronisti liguri che nel giorno della prima udienza del processo hanno indetto una manifestazione contro la decisione di Lepri e la conseguente impossibilità di raccontare con immagini e video il dibattimento. Alla manifestazione di protesta sono attesi domani anche il presidente nazionale dell’OdG Carlo Bartoli e il segretario nazionale Fnsi Raffaele Lorusso.

La scelta di Lepri non può essere considerata neppure un ritorno al passato, visto che trent’anni fa, per il celebre processo Cusani al tribunale di Milano, vennero autorizzate le riprese in aula, permettendo a tutti di vedere le varie fasi del dibattimento, le arringhe degli avvocati e gli show di Tonino Di Pietro. A Genova, invece, si è deciso diversamente.