Giustizia
Procura di Firenze nel caos, il Consiglio di Stato annulla la nomina di Filippo Spiezia
Il ricorso del magistrato Liguori è stato accolto nel giudizio di secondo grado. Il neo-procuratore del capoluogo toscano era stato votato appena un anno fa. Ancora polemiche per quel voto determinante del presidente del Csm, Pinelli
Chissà se saranno contente le “toghe rosse” toscane che avevano fatto squillare le proprie trombe contro la nomina di Filippo Spiezia alla carica di procuratore di Firenze, ora che il Consiglio di Stato lo sta cacciando. Rivoluzione nel giglio magico delle toghe.
Certo che di questi tempi la procura di Firenze non è seconda a nessuno per il clamore di cui è circondata per le sue inchieste, soprattutto quelle poco azzeccate. E adesso è costretta a cambiare il suo capo, nominato appena un anno fa, in corso d’opera. Con un provvedimento che ha del clamoroso, la settima sezione del Consiglio di Stato ha annullato la nomina con cui un anno fa il Csm aveva proclamato – con un voto al fotofinish – Spiezia al vertice della procura della Repubblica del capoluogo toscano.
Il ricorso di Alberto Liguori – magistrato calabrese con un passato di giudice di sorveglianza ed ex membro del Csm in quota Unicost, attualmente procuratore capo a Civitavecchia – già respinto dal Tar, è stato accolto ieri nel giudizio di secondo grado. Il Consiglio di Stato ha ritenuto che il Csm avrebbe erroneamente valutato come incarico direttivo la precedente esperienza di Spiezia in Eurojust, l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale, pur ammettendo di navigare in terreni (quelli degli incarichi europei) poco conosciuti.
Si riapre così la polemica che aveva salutato la nomina di Spiezia per quel voto determinante del presidente del Csm Fabio Pinelli, violentemente attaccato dalla corrente toscana delle toghe più a sinistra, quella di Area. Che, all’indomani di quel voto, con le fanfare del Fatto Quotidiano, avevano espresso “estrema preoccupazione che nella scelta dei dirigenti degli uffici del distretto influisca la volontà di settori del mondo politico e dell’informazione di incidere su procedimenti pendenti, mediante la rappresentazione di un potere di veto”. Linguaggio involuto, del resto non è richiesto il buon italiano nei concorsi di magistratura ma significato politico chiaro. Poiché il procuratore Spiezia è stato nominato con il voto determinante del presidente “laico” del Csm in quota Lega, non è che qualcuno vuol mettere lo zampino nelle inchieste che ci stanno più a cuore, quella su Open e Matteo Renzi e quella su Dell’Utri (e annesso Berlusconi) come mandante di stragi?
Il gruppo toscano di Area non aveva nascosto la propria simpatia per colui che allora era stato il competitor di Spiezia, cioè Ettore Squillace Greco, procuratore capo di Livorno. Cioè un magistrato che l’inviperito Travaglio aveva definito come “inviso a renziani e centrodestra perché ritenuto vicino ai vertici attuali dell’ufficio”. Chi erano i “vertici attuali” dell’ufficio, a Firenze, un anno fa, quando la nomina di Spiezia aveva mandato ai matti certi ambienti della magistratura toscana?
Uno, Luca Turco, quello che aveva chiesto il rinvio a giudizio per finanziamento illecito di Renzi per la fondazione Open. L’altro, Luca Tescaroli, colui che aveva accompagnato amorevolmente dalla Sicilia fino a Firenze un fascicolo – già archiviato 5 volte – che indagava Berlusconi e Dell’Utri come mandanti di stragi. Il primo sta andando in pensione in questi giorni, l’altro è diventato procuratore capo di Prato. Così le “toghe rosse” avevano lasciato il campo libero. Di qui la preoccupazione degli esponenti di Area per le due indagini evidentemente loro care.
Ma in questo anno e mezzo in realtà non è successo niente di particolare alla procura di Firenze. Sono invece capitate due cose fuori da quei corridoi. La prima è stata il proscioglimento – non da parte di un pm ma di una giudice dell’udienza preliminare, Sara Farini – di Matteo Renzi, Maria Elena Boschi, Luca Lotti, Alberto Bianchi e Marco Carrai, dopo 5 anni di insulti e tormenti.
La seconda notizia arriva dalla sesta sezione della Cassazione, che ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d’Assise d’appello di Reggio Calabria su un processo chiamato “’Ndrangheta stragista”, una sorta di clone di quello palermitano sulla “trattativa Stato-mafia”, già ucciso in secondo e terzo grado, il cui vero imputato era Silvio Berlusconi. Accusato dal procuratore Giuseppe Lombardo, non troppo tra le righe, di aver mobilitato le mafie per impedire la vittoria di Achille Occhetto alle elezioni del 1994 e di conseguenza la nascita di un governo delle sinistre in Italia. Nessuna rivoluzione restauratrice in procura. Ma ha provveduto il Consiglio di Stato.
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