Sconfitta senza precedenti per il Sistema. Marcello Viola, ribaltando tutte le previsioni della vigilia, è da ieri il nuovo procuratore di Milano. Per la prima volta da oltre 40 anni, la Procura del capoluogo lombardo non avrà dunque un capo appartenente alla corrente progressista di Magistratura democratica e che ha già prestato servizio a Milano. “In Italia ci sono dei ‘santuari inviolabili’, uno di questi è proprio la Procura di Milano”, aveva sempre detto lo zar delle nomine Luca Palamara a chi gli domandava come mai un magistrato non di sinistra non potesse aspirare ad essere nominato dal Csm procuratore di Milano.
Un cambio epocale, “discontinuità” come ricordato dal togato Nino Di Matteo in Plenum, che è destinato ad avere conseguenze già nell’immediato. Fin dai tempi di Mani pulite, la Procura di Milano è stata infatti caratterizzata da una forte componente ideologica che ha spesso portato i pm ad indagare a senso unico. Chi dissentiva veniva ostracizzato e fatto fuori. L’ultimo caso in ordine di tempo è stato quello del pm Paolo Storari a cui venne impedito di svolgere indagini sulla Loggia Ungheria e di arrestare l’avvocato Piero Amara, teste chiave nel processo Eni Nigeria che i colleghi volevano invece tutelare. Ma la Procura di Milano è anche il simbolo del rapporto perverso con gli organi d’informazione. I grandi giornali hanno sempre avuto un rapporto privilegiato con i pm milanesi potendo contare su un flusso costante di notizie. Era sufficiente aspettare davanti alla porta del pm di riferimento e realizzare lo scoop. Fughe di notizie ‘istituzionalizzate’, come quella dell’avviso di garanzia a Silvio Berlusconi nel 1994, notificato al diretto interessato in edicola a mezzo Corriere della Sera. Senza contare, infine, le continue invasioni di campo ed ingerenze nell’attività del legislatore su provvedimenti sgraditi.
Con Viola tutto questo repertorio è destinato a finire in archivio. 65 anni, originario di Cammarata in provincia di Agrigento, il neo procuratore di Milano è un magistrato riservato, di poche parole, attento ai diritti degli imputati. Oltre ad essere un grande investigatore, e soprattutto, come disse il togato Luigi Spina a Palamara, non “ricattabile”. Ma torniamo al voto di ieri. La discussione era prevista per oggi ma è stata anticipata su richiesta del togato Antonio D’Amato, presidente della Commissione per gli incarichi direttivi di Palazzo dei Marescialli. Come ricordato sul Riformista nei giorni scorsi, il cv di Viola era il più completo, nettamente superiore a quello di Maurizio Romanelli, attuale procuratore aggiunto a Milano, la soluzione in “continuità” con la gestione di Francesco Greco. Non potendo trovare un varco nei titoli, per azzoppare la candidatura di Viola è stata allora ritirata fuori la vicenda della cena all’hotel Champagne, dove a maggio del 2019 era stato fatto il suo nome come procuratore di Roma. Anche se indagini non avevano evidenziato nessun contatto con Palamara, il fraseggio a sua insaputa fra i commensali venne ritenuto dal Csm sufficiente per estrometterlo dalla sera alla mattina dalla corsa alla Procura di Roma.
Un provvedimento poi stigmatizzato dai giudici amministrativi che avevano accolto il ricorso di Viola. Bocciato però nuovamente per la Procura di Roma, Viola, sempre per l’handicap Champagne, dove essere bocciato anche a Milano. Il motivo? Non aver “pubblicamente” dichiarato di essere estraneo con quanto accaduto allo Champagne. Viola, sul punto, interrogato dal Csm aveva comunque fatto mettere a verbale di essere all’oscuro da qualsiasi trattativa sulla Procura di Roma. Troppo poco per le toghe di sinistra che avrebbero voluto una abiura pubblica. La surreale richiesta non è stata apprezzata e la nomina è quindi passata con 13 voti. In suo favore si sono espressi i quattro consiglieri togati di Magistratura indipendente (la corrente conservatrice a cui Viola è iscritto), tutti e sette i laici e i consiglieri Sebastiano Ardita (Autonomia&Indipendenza) e Nino Di Matteo. I tre voti della corrente centrista di Unità per la costituzione sono andati invece al procuratore di Bologna Giuseppe Amato, mentre Romanelli ha ottenuto i cinque voti dei consiglieri progressisti di Area e quello della togata Ilaria Pepe di A&i.
Astenuti il vice presidente David Ermini, che di prassi non vota, e i vertici della Cassazione, Pietro Curzio e Giovanni Salvi. Il compito che attende Viola a Milano non si preannuncia facile. Il magistrato siciliano troverà un ufficio dilaniato, con pm che non hanno fascicoli per dedicarsi ad indagini dagli esiti improbabili, e altri pm che sono invece travolti dal lavoro e non sanno a chi dare i resti. Un riequilibrio delle funzioni è già stato avviato in questi giorni dall’attuale facente funzioni Riccardo Targetti, in pensione dalla prossima settimana. “Sono onorato e ringrazio il Csm per questa nomina così importante“, sono state le prime parole di Viola. “È una nomina che mi responsabilizza molto e sono consapevole del fatto che quello di guidare la Procura di Milano sia un incarico particolarmente delicato, ma metterò il massimo impegno nello svolgere il ruolo direttivo che mi è stato assegnato come ho sempre fatto”, ha aggiunto. Buon lavoro.