Tutto regolare, ci mancherebbe altro. «La legge non prevede in questi casi alcuna incompatibilità», dicono con il tono di chi le norme le conosce come l’Ave Maria ai piani alti del Csm, recentemente rinnovato nella composizione dopo lo scandalo di maggio. Ciò però non toglie che qualche dubbio, almeno sotto il profilo dell’opportunità, ai profani delle dinamiche togate sia rimasto.

Ed è strano che al Csm, dove tutti sono sempre attenti al rispetto della forma e non solo della sostanza, nessuno si sia minimamente posto il problema. Il caso riguarda moglie e marito che svolgono entrambi il ruolo di procuratore aggiunto nella medesima Procura.

Questa settimana, con un plebiscito, cinque voti su sei, la Commissione per gli incarichi direttivi del Csm ha deliberato la nomina a procuratore aggiunto della Capitale di Stefano Pesci. Ufficio dove, appunto, presta già servizio da anni con il medesimo incarico la sua consorte Nunzia D’Elia.

Come detto, per il Csm questa “concentrazione” di potere all’interno del medesimo nucleo familiare non sarebbe vietata dalle norme sull’ordinamento giudiziario. Teoricamente, quindi, se i coniugi Pesci-D’Elia avessero fratelli o sorelle magistrato, costoro potrebbero tutti lavorare senza problemi alla Procura di Roma.

Ma se le norme non vietano il realizzarsi della parentopoli togata, dovrebbe scattare almeno il criterio dell’opportunità di una scelta di questo genere. I coniugi Pesci-D’Elia avranno alle dipendenze circa venti pm.

L’opportunità è stata alla base delle dimissioni dei cinque consiglieri che avevano incontrato a maggio i parlamentari Luca Lotti e Cosimo Ferri. Nessuna legge vieta a dei togati del Csm di incontrare dei politici. Eppure i cinque vennero costretti alle immediate dimissioni per un comportamento ritenuto “inopportuno”. Per la verità, c’è pure chi disse che erano degli indegni. Ma questo è un altro discorso.

Comunque sia, Pesci prenderà il posto lasciato libero da Giuseppe Cascini, eletto nel 2018 al Csm.
Cascini e i coniugi Pesci-D’Elia sono tutti esponenti di primo piano di Magistratura democratica, la sinistra giudiziaria. Per ironia della sorte, sul posto di Cascini aveva messo gli occhi Luca Palamara. L’ex presidente dell’Anm che ha dato il via, con la pubblicazione dei suoi colloqui con i politici e i cinque consiglieri, al ribaltone al Csm.

Fra i votanti per Pesci procuratore aggiunto si segnala anche Piercamillo Davigo, il dottor Sottile di Mani pulite. L’ospite preferito di Giovanni Floris non ha avuto alcuna difficoltà a dare il via libera alla reunion familiare al vertice della Procura più importante del Paese. Il tutto accade senza che la nomina del numero uno della Procura, il successore di Giuseppe Pignatone, chiamato da Papa Francesco a mettere ordine, come presidente del Tribunale pontificio, al caos che regna all’interno della mura Leonine, sia ancora avvenuta.

Sembrava fatta per Marcello Viola, procuratore generale di Firenze, ma con il cambio degli equilibri al Csm le sue speranze sono ridotte al lumicino. La sua nomina in Commissione è stata stracciata perché oggetto dei conciliaboli di Palamara. Il nuovo procuratore di Roma sarà sicuramente Michele Prestipino, il procuratore aggiunto anziano di piazzale Clodio. In perfetta continuità con Pignatone di cui era uno dei fedelissimi. Chi non ha votato Pesci al Csm è stata Loredana Miccichè, di Magistratura indipendente come Viola. Il suo è stato il gol della bandiera.
Dopo il ribaltone, la destra giudiziaria è destinata a non toccare palla per i prossimi anni.

 

Giovanni Altoprati

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