L’assoluzione di Uggetti chiude il cerchio
Procure, gogna mediatica e politica a rimorchio, il 2016 dei finti scandali: “Un arresto al giorno, leva Renzi di torno”
È stato il direttore del Foglio, Claudio Cerasa, a far notare la curiosa coincidenza con un tweet nella mattinata di ieri. La nuova assoluzione dell’ex sindaco di Lodi Uggetti non chiude soltanto la vicenda della piscina del comune lombardo: chiude soprattutto il cerchio dell’intrigo politico giudiziario che ha segnato l’ultimo anno del governo Renzi.
“Un arresto al giorno toglie Renzi di torno” titolò Libero il giorno dopo l’arresto di Uggetti. Ed è andata proprio così: arresti, indagini, processi hanno massacrato l’immagine di quel Governo ma la verità giudiziaria è una verità di assoluzioni e archiviazioni. Renzi è andato a casa, è vero. Ma gli arrestati sono stati assolti. Chi pagherà per questo scempio giudiziario e mediatico? Correva l’anno 2016 e il Paese si apprestava a votare, il 4 dicembre, un referendum costituzionale: da un lato tutti i partiti di opposizione, dalla destra moderata di Forza Italia a quella di Giorgia Meloni, insieme alla sinistra più estrema e alla minoranza del Pd, dall’altra il governo di Matteo Renzi.
In campo per il no, però, scese soprattutto il Partito della Conservazione per eccellenza. Il partito delle toghe. Supportato ovviamente da larga parte dei media. Partiti, Pm, giornali, tutti insieme nel fango, si potrebbe dire, riprendendo una celebre prima pagina de L’Espresso che raffgurava la candidata del Pd alla Presidenza della regione Liguria Raffaella Paita insieme a Matteo Renzi. Accusata di strage colposa, fu assolta poi in ogni grado di giudizio. Intanto però, la regione era andata alla destra di Giovanni Toti.
Era il 2015 e già l’ostilità delle procure verso quel riformista che aveva portato il Pd a toccare vette di consenso storiche si poteva percepire. La sua colpa era stata probabilmente quella di aver portato il par- tito da sinistra verso il centro, di aver attuato politiche liberali ma forse anche quella di aver provato a scalfire la casta dei giudici, con le ferie. Eh già. Fu così, dicendo che l’Italia è la patria del diritto e non delle ferie, che i magistrati lo presero di mira. Ma fu il 2016 l’anno in cui questa ostilità divenne lotta armata.
31 marzo. Il Ministro dello sviluppo economico Federica Guidi sceglie di dimettersi: a causa di un’intercettazione priva di qualsiasi rilevanza penale, in cui parla genericamente di un emendamento con il suo compagno, indagato. Inizia il solito schema. Gli ingredienti ci sono tutti: procure, gogna mediatica, politica a rimorchio. Intercettazioni spiattellate sui giornali. È il mix perfetto per colpire l’avversario, con le procure che dettano la linea e i giornali e la politica che le seguono proni con
l’obiettivo di mandare a casa il Governo. Peccato che quelle confidenze così gravi per la procura di Potenza, riguardassero in realtà una legge già nota e pubblica. Federica Guidi viene massacrata mediaticamente senza ricevere nemmeno un avviso di garanzia. Stava lavorando benissimo al Governo, aveva impostato il lavoro su Industria 4.0, era una colonna del governo. A casa, per una intercettazione. 4 maggio, Lodi. Il sindaco Uggetti viene arrestato con l’accusa di turbativa d’asta. È il titolo di apertura di tutti i giornali, tranne poche lodevoli eccezioni come Il Foglio.
Quello di Libero colpisce particolarmente perché centra il punto: “un arresto al giorno, leva Renzi di torno”. La politica si scatena, con il Movimento 5 stelle in testa. Grillo: il Pd a onda nella piscina di Lodi. E via dietro Alessandro Di Battista, Paola Taverna, Nicola Morra, Danilo Toninelli e naturalmente Luigi Di Maio che, anni dopo, si scuserà con Uggetti. Dopo 7 anni, l’ex sindaco viene assolto con formula piena, ma quel fango resta impresso nella memoria e soprattutto nella storia politica del Paese. Nell’estate 2016 inizia a muoversi la procura di Firenze: il Csm di Legnini e Palamara nomina come aggiunto il sostituto procuratore Luca Turco. E Turco inizia a indagare la famiglia di Renzi: nasce l’inchiesta ribattezzata Unicef dove pure l’Unicef non c’entra niente ma per mesi Renzi viene inspiegabilmente accostato a un presunto scandalo legato ai bambini africani.
Nell’autunno dello stesso anno scende in campo un esperto di flop giudiziari, il Pm Woodcock: dopo aver arrestato il renziano Ferrandino, poi assolto, Woodcock diventa protagonista del caso Consip. Napoli si occuperà degli appalti napoletani, Roma di quelli della capitale. L’indagine coinvolge imprenditori, giornalisti, politici, l’arma dei carabinieri. Viene ribattezzata la madre di tutti gli appalti ma in realtà gli unici soldi che girano sono quelli delle parcelle legali per un processo infinito dove in tanti saranno archiviati o assolti come recentemente accaduto al Generale Del Sette comandante generale dei Carabinieri.
E come dimenticare la storia di Banca Etruria, che forse più di tutte ha minato ii consenso dell’ex premier, ovviamente anche questa finita con plurime assoluzioni tra cui quelle di Pier Luigi Boschi, padre della ministra più attaccata mediaticamente in quel 2016. Che anno, quell’anno. L’assoluzione di Uggetti chiude il cerchio. Prima o poi qualcuno avrà il coraggio di dire la verità: c’è stato un massacro mediatico contro Renzi e il suo Governo, grazie a una alleanza tra alcune procure e alcune redazioni. Negarlo significa negare la realtà.
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