La chiamava “la saletta” l’aula (e la chat con i suoi alunni) dove anziché fornire presunte ripetizioni durante l’orario scolastico, la docente di sostegno di una scuola media avrebbe intrattenuto vere e proprie lezioni sessuali, mostrando ai suoi alunni di età inferiore a 14 anni video e foto porno, raccontando proprie esperienze in materia e fornendo indicazioni su come e dove toccarsi e toccare, anche in parti intime, i partner.

La docente aggredita dai genitori: le indagini e le lezioni sessuali

E’ quanto emerge da una inchiesta, durata poco meno di due mesi, della procura di Torre Annunziata, guidata dal procuratore Nunzio Fragliasso e condotta dai carabinieri. Tutto nasce lo scorso 14 novembre in seguito ad una violenta aggressione subita dalla stessa docente, 40 anni, e dal genitore che aveva provato a difenderla, da parte di un gruppo di genitori degli alunni dell’istituto scolastico salvati di Castellammare di Stabia (Napoli). Genitori letteralmente inferociti dopo aver letto le chat mostrate dai proprio figli che hanno trovato il coraggio di raccontare tutto dopo la sospensione di un compagno di classe. In seguito all’aggressione, la docente riportò un trauma cranico (frattura di un polso, invece, per suo padre).

La Saletta: l’aula dove gli alunni vedevano video porno e assistevano a rapporti orali

Dopo quell’episodio e dopo le denunce dei genitori, le indagini hanno cristallizzato il modus operandi della professoressa di sostegno destinataria nelle scorse ore di una ordinanza di custodia cautelare in carcere. Dovrà difendersi delle accuse di maltrattamenti, induzione al compimento di atti sessuali e corruzione di minorenne. Gli elementi raccolti dai militari dell’Arma, l’audizione in forma protetta di 6 minori direttamente coinvolti nell’inchiesta, l’analisi dei file audio estratti dal telefono cellulare dei ragazzini e della docente (dalle chat WhatsAppa a quelle di Instagram), hanno documentato come, a partire da ottobre 2023, l’insegnante di sostegno di uno dei minori coinvolti, alla quale di fatto venivano affidati anche gli altri alunni, li ha sottoposti a quelle che gli inquirenti definiscono reiterate condotte di carattere sessualizzante, portandoli durante l’orario scolastico, con la scusa di impartire ripetizioni, in un’aula riservata della scuola, da lei stessa soprannominata ‘la saletta’.

In questa classe l’insegnante ha ripetutamente mostrato agli alunni del materiale video pornografico, intavolato continui discorsi di natura sessualmente esplicita, con riferimenti a proprie esperienze ‘in materia’ o indicazioni su come e dove toccarsi o toccare, anche in parti intime, i partner. Avrebbe poi invogliato alcuni di loro a scambiarsi effusioni sessuali, arrivando anche ad abusare sessualmente di uno di loro praticandogli in prima persona un rapporto orale. Sempre nella ricostruzione degli inquirenti, una volta precluso l’accesso alla saletta, la docente non si è persa d’animo e ha creato un gruppo su Instagram, anche questo denominato ‘la saletta’, nell’ambito del quale gli unici discorsi effettuati erano quelli di contenuto esplicitamente sessuale.

Le minacce della prof e la svolta dopo una sospensione

Una situazione che ha creato uno stato di forte soggezione da parte degli alunni coinvolti, che erano terrorizzati dall’insegnante e indotti a non parlare di quello che accadeva nella saletta perché minacciati di essere bocciati, di mandare i loro genitori in carcere e loro stessi in comunità, millantando una relazione con un appartenente alle forze dell’ordine. Solo la sospensione di uno degli alunni coinvolti (beccato a fumare in bagno) ha indotto i compagni di classe a confidarsi con i propri genitori sui comportamenti della docente, supportando il loro racconto con alcuni messaggi scambiati tramite Instagram e Whatsapp con la professoressa. Nel telefono dell’insegnante, sequestrato, sono stati trovati numerosi suoi messaggi vocali inviati agli alunni oltre a materiale pornografico compatibile con quello descritto dalle vittime nel corso della loro audizione. Per il gip, era necessaria la custodia in carcere, peraltro prevista obbligatoriamente per legge per il reato di violenza sessuale, anche perché la docente è ancora formalmente in servizio; i domiciliari non avrebbero consentito di inibirle effettivamente l’utilizzo della rete internet. Per questo la donna è stata trasferita nel carcere femminile di Benevento.

Redazione

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