È Matteo Salvini ma sembra Psycho. La rapidità con cui il leader della Lega cambia atteggiamento e si sostituisce a se stesso sarebbe inquietante se non fosse dettata dalle necessità politiche di una campagna elettorale impossibile. Radicalizzarsi per proporsi come l’alternativa alla destra di Giorgia Meloni. Ma stando bene attenti a controbilanciare le intemperanze con qualche concessione, almeno dialettica, al moderatismo. Guardare a Marine Le Pen e perfino ai tedeschi di Alternative fur Deutschland, senza dimenticare l’esempio di Umberto Bossi e il pragmatismo dei governatori del Nord Italia. Strizzare l’occhio all’estremismo per reggere nei consensi, conservare un’immagine più raziocinante per mantenersi in sella alla guida della Lega. Salvini si trova su un crinale pericolosissimo e prova a tenere insieme tutto e il contrario di tutto.

L’obiettivo è duplice. Il segretario del Carroccio punta ad arrivare al 9% alle europee di giugno e contemporaneamente a ricompattare sotto la sua leadership un partito che forse non era mai stato attraversato da divisioni così profonde. Ma non è detto che Salvini riesca nell’impresa, anche perché per centrare il bersaglio è costretto a interpretare una linea politica schizofrenica. Il Capitano del governo gialloverde, solo qualche settimana fa, aveva scelto di mostrare il suo volto più feroce. Era partito con il raduno dei sovranisti e le botte da orbi a Ursula Von der Leyen. Schiaffi per interposta Le Pen a Giorgia Meloni. Prima e dopo c’erano state le carezze a Vladimir Putin. Salvini aveva fatto lo gnorri commentando la morte del dissidente Alexei Navalny detenuto in Siberia. Quindi l’inspiegabile riflessione sulle elezioni farsa in Russia: “Quando il popolo vota ha sempre ragione”. Risultato? Meloni in imbarazzo, Antonio Tajani costretto a smarcarsi. E le opposizioni ringalluzzite che hanno presentato una mozione di sfiducia per i rapporti della Lega con Russia Unita, il partito di Putin. Tra un colpo antieuropeista e una dichiarazione filorussa, c’era stata l’offensiva sul tetto del 20% degli stranieri per classe.

Dopo la bocciatura della mozione di sfiducia, Salvini getta via la maschera più truce. L’input arriva dal grosso della Lega. Da quei settori del partito che ancora sono fedeli al segretario, ma che, allo stesso tempo, disdegnano gli eccessi sovranisti. Qualche nome: il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, quello a Palazzo Madama Massimiliano Romeo, il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio. Ma anche il presidente del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. Allora Salvini sceglie di farsi intervistare da Mario Sechi, direttore di Libero. Un lungo colloquio in cui il vicepremier prende le distanze da se stesso: “Io sto con l’Ucraina”. Poi spariglia e sembra quasi volersi porre alla sinistra di Meloni: “Non mi sento di destra, sono un liberale antifascista”. Due giorni prima c’era stato l’altro passaggio, più pop, del Salvini moderato. Il capo della Lega si presenta nello studio di Belve, condotto da Francesca Fagnani, per dire che tra lui e la premier va tutto a gonfie vele, anche a livello personale. Poi spiega di non essere d’accordo con alcune idee del generale Roberto Vannacci, papabile candidato leghista alle europee. Salvini si discosta dai pensieri del militare sugli omosessuali “anormali”.

E però non chiude la porta alla corsa di Vannacci con la Lega. Quindi tende un ramoscello d’ulivo a Umberto Bossi, elevandolo al rango di “genio” e padre politico. Un modo per tenere buona la fronda nordista all’interno del Carroccio. Un colpo al cerchio, uno alla botte. Come quando sabato, da Torino, rivendica l’autonomia e fa le fusa al popolo del Nord: “Manteniamo la nostra promessa originaria, la Lega va nel solco delle sue origini”. Intanto potrebbe piazzare Fabio Romito come candidato sindaco del centrodestra a Bari. Ieri da Napoli, per il tour l’Italia dei Sì, spinge ancora sull’autonomia che “non dà più alibi ai De Luca o agli Emiliano”. Ma al contempo tiene il punto sullo sbarco leghista al Sud: “Siamo in tutto il Paese, siamo più forti rispetto a 40 anni fa”. Salvini vuole tenere insieme tutte le sue contraddizioni, ma la strategia rischia di non funzionare. Mentre il vicepremier parla da Napoli, arriva un sondaggio Quorum/YouTrend che certifica il sorpasso di Fi ai danni della Lega. 7,9% per gli azzurri, 7,5% al Carroccio. I giornalisti ne chiedono conto. Il ministro risponde: “Commento la realtà, non le fantasie”. È la campagna elettorale impossibile di Salvini.