Osservatorio napoletano
Pubblica amministrazione, superare il rapporto di soggezione patologica del cittadino: mai più schiavi della burocrazia

Una pubblica amministrazione, la nostra, che invece di tutelare e rendere più semplice la vita dei cittadini la complica moltissimo, dimenticandosi che il suo compito è la gestione di un servizio pubblico e negando di fatto i diritti dei cittadini che entrano in un rapporto di soggezione patologica con l’amministrazione. Ne parliamo con il professor Felice Laudadio.
Professore, guardando la classifica che misura l’efficienza della pubblica amministrazione l’Italia risulta 23esima su 28 Paesi. Una performance pessima.
«Sì, è un dato estremamente allarmante, l’inefficienza dell’amministrazione e i ritardi che la distinguono determinano una condizione di soggezione ingiusta del cittadino che chiede un permesso per costruire o un titolo commerciale. Il cittadino è a tutti gli effetti soggetto ai tempi infiniti dell’amministrazione italiana. Le cause di tutto questo sono da rintracciarsi prima di tutto nella carenza d’organico perché se partiamo dal Comune di Napoli è chiaro che gli organici sono sottodimensionati per cui un dirigente ha due o tre direzioni da gestire e quindi i tempi si prolungano infinitamente. Abbiamo poi un atteggiamento psicologico di chi è titolare del potere amministrativo che preferisce differire la decisione, rinviarla perché si ha timore di eventuali conseguenze di carattere penale».
Si riferisce al reato di abuso di ufficio che porta con sé la paura della firma?
«Esattamente. Lo dico con laica fiducia: il reato di abuso d’ufficio va abrogato. Non per depenalizzare, ma è un reato che non arriva quasi mai a sentenza di condanna. È un reato che crea soltanto la pavidità degli amministratori e dei dirigenti: è uno degli elementi che contribuiscono ai ritardi enormi della pubblica amministrazione. Lo abolirei perché ci sono più o meno 250mila leggi italiane, a queste ci aggiungiamo quelle regionali e i regolamenti comunitari, riesce difficile non incorrere nella violazione della legge. La riforma recente è un timido passo verso la riduzione dello spazio di applicazione dell’abuso in atti d’ufficio. E ancora, se verifichiamo i testi delle disposizioni legislative, ci rendiamo conto che le leggi italiane brillano per oscurità del testo, per complessità interpretativa e per rinvii ad altre leggi precedenti: c’è un problema legislativo, bisogna arrivare alla formazione di testi unici che esauriscano negli stessi la disciplina di una determinata materia. Pensiamo all’urbanistica, all’ambiente».
Ci può indicare una norma che è assolutamente da modificare?
«Sì. Senz’altro va modificato, nel rispetto della legalità chiaramente, il codice degli appalti che è viziato dal fatto che mira a prevenire la corruzione, che è un compito della magistratura, laddove invece dovrebbe limitarsi solo a disciplinare con chiarezza i tipi di gare per la scelta del contraente con grande chiarezza e trasparenza come avviene in tutti i paesi europei. Mi auguro che la cultura della semplificazione si diffonda in questo Paese a prescindere dai colori politici di chi governa».
Torniamo alla classifica, se l’Italia occupa i penultimi posti per quanto riguarda la qualità della pubblica amministrazione, la Campania occupa l’ultimo posto. Un risultato drammatico.
«Drammatico e sicuramente collegato alla disattenzione della politica a temi che riguardano più direttamente il rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione. Bisogna reintegrare le dotazioni organiche con forze e culture nuove: servono più dipendenti e più dirigenti competenti. C’è poi la necessità di un’informatizzazione radicale dei procedimenti amministrativi con dotazioni di piattaforme efficienti di ultima generazione. E poi, a livello nazionale e poi locale, bisogna fissare dei termini inderogabili di conclusione del procedimento. Se un cittadino chiede un permesso di costruire a Napoli deve fare i conti prima con la tutela del paesaggio, poi dopo che si è espresso il Comune si passa alla sovrintendenza per un parere vincolante, nel mentre c’è il procedimento edilizio. E così si perde una marea di tempo».
La soluzione?
«I procedimenti vanno concentrati attraverso conferenze di servizi nei quali partecipa il dirigente all’edilizia del Comune di Napoli e il sovrintendente ed esprimono i loro pareri e quindi si decide in quella sede sia l’aspetto edilizio sia quello paesaggistico. In questo modo si riduce al minimo il procedimento perché questa vecchia cultura dell’agire per procedimenti a prescindere dai tempi degli stessi è una delle cause dell’inefficienza della pubblica amministrazione. Occorre, quindi, una riforma della legge nazionale, una revisione del testo unico dell’edilizia coordinando le diverse funzioni coinvolte per il rilascio o la negazione di un titolo edilizio».
Parliamo di imprese: l’80% degli imprenditori italiani ha dichiarato che la pubblica amministrazione è inefficiente. Quanto pesa l’incapacità amministrativa sulla crescita delle nostre imprese a livello nazionale e internazionale?
«Il tempo è uno degli attrattori degli investimenti italiani e stranieri. L’esempio vale anche se parliamo di realtà regionali, ci sono Comuni che impiegano meno tempo di altri per il rilascio di permessi e per la burocrazia in generale. Bisogna favorire il valore della concorrenza all’interno del territorio nazionale e nel contempo in quello comunitario».
Lei ha parlato di una pubblica amministrazione che di fatto nega i diritti dei cittadini, colpa di una cultura sbagliata ma ormai radicata?
«Sì. La pubblica amministrazione ha il dovere di gestire gli interessi pubblici e se questo non avviene è chiaro che il rapporto tra cittadino e amministrazione è un rapporto di soggezione patologica. L’amministrazione deve acquisire la cultura di gestire un servizio perché la maggior parte delle attività sono attività riconducibili a servizi pubblici. Deve essere superato il rapporto autorità-libertà nel rapporto amministrativo. Dal concetto di amministrazione come servizio deriva poi l’economicità e l’efficienza come valori dell’azione amministrativa: ecco la nuova cultura dell’amministrazione essenziale in un momento di grave crisi economica come questo. È sempre necessario, ora è indifferibile il cambio di passo».
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