E' morta a 86 anni. Il figlio scomparso da 40 anni: "Mi farei 30 anni per lui"
Pupetta Maresca, storia di Madame camorra: l’omicidio per vendicare il marito, il parto in carcere e la sfida a Cutolo
Dall’omicidio per vendicare il marito, quando aveva appena 20 anni, al parto nel carcere di Poggioreale pochi mesi dopo. Dal cinema alla relazione con il boss dei due mondi, Umberto Ammaturo, alla scomparsa del figlio per lupara bianca alla sfida a Raffaele Cutolo e al suo esercito mentre gestiva dei negozi di abbigliamento a Napoli.
La vita di Pupetta Maresca, all’anagrafe Assunta, ma ribattezzata così in senso affettivo dai familiari (Pupetta sta per bambola), è stata fonte d’ispirazione per scrittori e registi. Madame camorra, come è stata ribattezzata dai francesi di Le Figaro, è morta nella serata del 29 dicembre nella sua abitazione di Castellammare di Stabia, sua città natale. Era malata da tempo. A nulla sono valsi i soccorsi dei sanitari del 118. Il prossimo 19 gennaio avrebbe compiuto 87 anni. Su di lei fu prodotta anche una fiction con Manuela Arcuri protagonista. Da ragazza aveva anche vinto un titolo a un concorso di bellezza.
Nata in una famiglia di contrabbandieri, soprannominata Lampetielli, Pupetta è stata protagonista fin dalla giovane età di episodi eclatanti. Nel 1955 sposò Pasquale Simonetti, detto Pascalone ‘e Nola per la sua stazza. Era uno dei guappi del mercato ortofrutticolo di Napoli che all’epoca fruttava guadagni vertiginosi. All’Ippodromo di Agnano arrivò anche a schiaffeggiare pubblicamente, senza alcuna conseguenza, Lucky Luciano, rappresentante della mafia italo-americana a Napoli in quegli anni. Al matrimonio, celebrato in pompa magna il 27 aprile 1955, partecipò come testimone anche Antonio Esposito, detto Totonno ‘e Pomigliano, che sarà poi il mandate appena 80 giorni dopo (15 luglio) dell’omicidio di Pascalone, ammazzato in corso Novara a Napoli.
La vendetta dopo l’omicidio del marito: “Legittima difesa”
Prima di morire Pascalone riferì alla giovane moglie il nome di Esposito in qualità di mandante e il 4 ottobre successivo, altri 80 giorni dopo, Pupetta consumò la sua vendetta sempre nei pressi della stazione centrale di Napoli dove arrivò a bordo di un taxi in compagnia del fratello Ciro, all’epoca 14enne. In quella circostanza Maresca ha raccontato che Esposito si avvicinò armato verso l’auto. “Io avevo ucciso per amore, cioè per vendicare il mio uomo, e per non essere ammazzata, non soltanto io, ma anche il bambino che portavo in grembo. Cioè, avevo sparato per legittima difesa” ha raccontato la donna in una recente intervista a Giovanni Terzi su Libero. “Sul corpo di Esposito furono trovati altri colpi di pistola oltre a quelli che avevo sparato io. Chi furono quelli che gli spararono? Non è stato mai provato che fu proprio la mia pistola ad ucciderlo“.
Per quell’omicidio Pupetta venne arrestata pochi giorni dopo e a gennaio partorì in carcere Pasqualino (poi scomparso negli anni ’70). Doveva scontare una condanna di 13 anni e 4 mesi (con l’attenuante della provocazione) più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ma fu graziata dopo oltre dieci anni di detenzione. Nel 1967 ebbe un’esperienza come attrice cinematografica interpretando il ruolo della protagonista nel film Delitto a Posillipo, diretto da Renato Parravicini, vagamente ispirato alla sua vita ed in particolare alla vicenda giudiziaria che l’aveva resa nota e portata in carcere. Nel film è doppiata da Rita Savagnone, ma canta con la propria voce la canzone ‘O bbene mio’, scritta da lei. Anche il regista Francesco Rosi si ispirò a lei nel film “La Sfida” (1958).
La storia con il boss dei due mondi
Chiusa la parentesi cinematografica, che per la verità non ottenne molto successo, si dedicò a due negozi di abbigliamento a Napoli, e nel 1970 si innamorò di Umberto Ammaturo, dal quale ebbe due gemelli, Roberto e Antonella. Ammaturo ‘o pazzo, perché riuscì a ottenere l’infermità mentale più volte scappando successivamente da relativi manicomi, diventò uno dei più grandi narcotrafficanti in quegli anni avendo creato un canale diretto con il Perù per la cocaina.
La scomparsa per lupara bianca del figlio: “Per vendicarlo mi farei 30 anni”
Ma la relazione con Pupetta non era approvata dal figlio Pasqualino che nel 1974 sparì nel nulla: il suo corpo non venne mai ritrovato (secondo alcuni, venne rapito, legato ad un sasso e gettato in mare). Pasquale non aveva accettato la relazione della madre con Ammaturo e più volte lo aveva minacciato. Dell’omicidio fu subito sospettato Ammaturo, ma Pupetta non accettò mai del tutto questa ipotesi. Lo stesso Ammaturo fu incarcerato, ma nell’aprile del 1975 fu assolto per insufficienza di prove; ciononostante il rapporto tra i due s’incrinò. Quando Ammaturo fu arrestato in Perù, in compagnia di una nuova bellissima e ricca fidanzata, Yohanna Valdez, la Maresca disse: “Per me Umberto non esiste più; resta solo il padre dei miei figli, che gli vogliono bene e lo rispettano come è loro dovere”.
Pupetta sulla scomparsa del figlio disse: “Di Pasqualino non so più niente. Mi facessero sapere con una telefonata o con una lettera anonima. Se per mio marito ho trascorso undici anni in una cella, per vendicare mio figlio affronterei trent’anni di reclusione“. Oltre 40 anni dopo, nella recente intervista a Libero, alla domanda “cosa desidererebbe oggi?”, rispose: “Che i miei ragazzi siano felici. E sapere la verità su chi uccise mio figlio Pascalino”.
La sfida a Cutolo e la conferenza stampa al circolo dei giornalisti
In quegli anni viveva a Napoli e gestiva negozi di abbigliamento. Era il periodo dello strapotere della Nuova Camorra Organizzata e Pupetta, la cui famiglia era legata all’organizzazione rivale (Nuova Famiglia), indisse una conferenza stampa al circolo della Stampa nella villa Comunale di Napoli nel corso della quale sfidò apertamente Raffaele Cutolo: “Se per Nuova Famiglia si intende tutta quella gente che si difende dallo strapotere di quest’uomo, allora mi ritengo affiliata a questa organizzazione”.
Di recente ha precisato: “Desidero chiarire che, in quell’occasione, non dissi, rivolta a Cutolo: “Io ti ammazzo!”, ma dissi: “Se tocchi i mei fratellini io faccio la stessa cosa a te”. La mattina dopo, il telefono di casa mia prese a squillare. Alzavo la cornetta ed erano continue minacce di morte: “Devi morire!”, “Maledetta!”. Incominciai a rispondere per le rime: “Io alle nove, ogni mattina, vado ad aprire il mio negozio di abbigliamento. Ti aspetto là. O muoio io, o muori tu”. Non venne mai nessuno”.
“Non appartengo a nessun clan”
Pur ribadendo anche nel corso dei processi giudiziarie la sua estraneità ai clan di camorra, Pupetta venne condannata perché legata alla criminalità organizzata e alcuni beni (case e negozi tra Napoli e Caserta) vennero sequestrati. Nell’appartamento di 300 metri quadri, su tre livelli (con terrazzi e balconi), presente in via Leopardi a Fuorigrotta, hanno trovato ospitalità negli scorsi anni diversi migranti. L’immobile è gestito dal Comune di Napoli e da associazioni del terzo settore.
Fu accusata di aver ordinato l’omicidio di Aldo Semerari, il criminologo e psichiatra che aveva dichiarato pazzo Cutolo ma venne in seguito fu assolta. Fu assolta anche dalle successive accuse di tentata estorsione ad una banca e di traffico di stupefacenti.
In un’intervista del maggio 2010, Ammaturo, pentitosi agli inizio degli anni Novanta, confessò di aver ucciso Semerari e di aver successivamente depositato la sua testa mozzata davanti al castello di Cutolo: “Gli tagliai io la testa (…) perché si era impegnato con noi della Nuova Famiglia a seguire le nostre cose, ed era ben remunerato da me personalmente, ma Cutolo fece ammazzare uno giù alle camere di sicurezza del tribunale e Semerari gli fece una perizia falsa per farlo assolvere. Era un traditore, chi prende un accordo e non lo mantiene è un traditore”.
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