Il retroscena sul vertice sull'Ucraina a Mosca
Putin e Macron, il ‘giallo’ del tavolo a separarli: il presidente francese ha rifiutato il test anti-Covid per non dare il Dna ai russi
Seduti ma distanti, separati da un tavolo che li teneva a quattro metri l’uno dall’altro. È l’immagine resa ai media dall’incontro tenuto lunedì 7 febbraio tra il presidente francese Emmanuel Macron e quello russo Vladimir Putin, un vertice a due a Mosca che al centro aveva ovviamente la questione Ucraina.
Cinque ore di incontro con l’obiettivo per Macron di ottenere rassicurazioni da parte del numero uno del Cremlino sulla possibile invasione dell’Ucraina, con l’ambizione di ottenere la rimozione completa o parziale delle decine di migliaia di soldati russi ammassati ai confini del Paese da settimane.
Il vertice, come ormai chiaro, non ha portato ai risultati sperati dall’inquilino dell’Eliseo. Ma oggi quel vertice torna d’attualità proprio per la particolare circostanza della grossa distanza dei due leader seduti al tavolo.
Giovedì l’agenzia di stampa Reuters, citando fonti dell’entourage di Macron, ha spiegato che i metri che separavano il presidente francese e quello russo erano dovuti a questioni riguardanti il Coronavirus.
A Macron infatti sono state fornite due opzioni per incontrare Putin: accettare di sottoporsi ad un tampone molecolare fatto dalle autorità russe oppure rispettare un severo distanziamento sociale. “Sapevamo bene che avrebbe comportato niente strette di mano e quel lungo tavolo, ma non potevamo accettare che mettessero le mani sul Dna del presidente“, ha riferito una delle fonti, riferendosi a problemi di sicurezza.
Ce vers quoi nous devons aller, c’est la désescalade. Nous en connaissons les termes. Grandes questions de sécurité collective, question ukrainienne, situation sécuritaire en Biélorussie et dans toute la région : avançons. pic.twitter.com/sXEDLGf4jO
— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) February 7, 2022
Una circostanza confermata anche dal Cremlino, anche per smentire che la distanza tra i due leader fosse dovuta ad una questione politica o, peggio, un tentativo di umiliare l’ospite francese.
Non è un caso se un trattamento simile è stato riservato anche al premier ungherese Viktor Orbán, di certo non considerabile tra i ‘nemici’ dello zar Putin. Qualche giorno prima del vertice con Macron, anche il leader sovranista di Budapest si era recato al Cremlino per incontrare Putin e anche in quel caso gli erano state offerte le due opzioni.
Orbán aveva accettato il test molecolare ma poi una persona del suo entourage era risultata positiva al Coronavirus, costringendo per questioni di sicurezza ad utilizzare il lungo tavolo. Nella giornata di giovedì Putin ha incontrato anche il collega kazako Kassym-Jomart Tokayev: con lui protocollo meno rigido, evidentemente a seguito di tampone, con strette di mano e un piccolo tavolino a separarli durante il colloquio.
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