Mentre piovono i missili su Israele e tutto il Medio Oriente si incendia, pochi guardano all’Ucraina, capro espiatorio della legalità internazionale. Vuhledar è caduta e nessuno sapeva fino a ieri dove fosse questa città cardine per l’esercito di Kiev dai cui snodi si possono mandare i rifornimenti al Nord. La città è caduta e i soldati russi si sono arrampicati sui tetti per far sventolare nel vento carico di pioggia e nevischio i loro tricolori bianchi rossi e blu. La vera notizia viene dalla Nato. C’è un nuovo segretario generale che sostituisce Stoltenberg e si chiama Mark Rutte, il quale ha inaugurato la sua carriera iniziata il primo ottobre atterrando a Kiev e confermando la totale solidarietà al paese aggredito, benché l’Ucraina non faccia parte della Nato: l’Alleanza non può ammettere soci già in guerra.

Putin, l’atomica e la città bersaglio preferita

Vladimir Putin da una settimana ha moltiplicato i suoi discorsi e i suoi ricatti sull’uso delle armi atomiche inventando una nuova dottrina secondo cui, ha detto, si sentirà libero di usare armi atomiche non solo nel caso in cui la Russia fosse attaccata da una potenza nucleare con armi nucleari. Ha fatto un passo avanti: secondo la nuova dottrina Vladimir Vladimirovic si sentirà autorizzato ad usare armi atomiche anche nel caso in cui la Russia fosse attaccata con armi convenzionali da un paese alleato di una potenza dotata di armi atomiche. Semplificando: Putin ha avvertito di sentirsi in diritto di bombardare la sua città bersaglio preferita – Londra – nel caso in cui gli ucraini cogliessero importanti successi con armi non atomiche fornite dal Regno Unito, che è una potenza atomica. È una dichiarazione priva di consistenza giuridica ma è stata un ci pare e piace, perché decidiamo noi se e quale sia la legge.

Il diritto storico di Putin, la “zona d’influenza russa”

Putin ha già spiegato in pubblico che la Russia antepone alle leggi internazionali le leggi del “diritto storico”, in grazia delle quali tutti i paesi (per esempio la Polonia) che sono stati parte dell’Impero zarista, o dell’Unione Sovietica, ricadono sotto la solita “zona d’influenza russa” che ha come primo effetto quello di negare a nazioni indipendenti riconosciute come tali dalla comunità internazionale il diritto di sovranità: fare ciò quel che pare e piace in casa propria, alleanze comprese. Già che c’era, l’uomo forte di tutte le Russie ha spiegato in un video quale sia la sorte delle donne. Quando Vladimir parla in pubblico, quel pubblico è costruito dagli scenografi e ci sono sempre accanto a lui due o tre bellezze in genere bionde che indossano uniformi da circo equestre con spalline azzurre con generose frange dorate e una leggera vampa permanente di rossore: “Voi donne”, ha detto Putin, “dovete stare a casa. Noi russi non ci faremo incantare dalle questioni di genere. Le donne devono badare ai figli e alla famiglia e non possono fare cose diverse da quelle per cui madre natura le ha chiamate al mondo”. Ma, benignamente, lascia intendere Putin. Con un sorriso condiscendente, ammettiamo piccole percentuali di donne nell’amministrazione civile, nell’esercito, nella sanità, nei trasporti, insomma. Ma poche.

Il discorso sulle donne: “Dovete stare a casa”

Le due bellezze avvampano di rossore quando Vladimir dice che il loro compito è riprodursi. La mentalità dell’autocrate russo è monolitica: lui fa le leggi internazionali e quelle che riguardano le donne. Ha anche spiegato, ieri, i valori fondamentali della Costituzione russa: poter usare la stessa lingua e la stessa religione dei propri padri. Nulla di più, nulla di meno. Libertà? Non pervenuta. Non sono previste e tanto meno ammesse eccezioni. Quest’ultima dichiarazione va letta tenendo in mente il fatto che la Russia è composta di numerose nazionalità ed etnie, lingue e religioni. E dovendo guidare un impero di genti diverse far loro, Putin recita in russo la vecchia massima secondo cui “cuius regio, eius religio”. Ovvero: non può avere opinioni o culture diverse da chi comanda. È sia reato che blasfemia. Questa è la mentalità monolitica ereditata dal Kgb che, diversamente da quel che comunemente si crede, non era soltanto un servizio segreto o una polizia segreta. Era e resta qualcosa che per sta a metà strada fra il l’inquisizione e l’ispezione programmata della vita dei cittadini. Le espressioni pubbliche di questa mentalità sono strettamente connesse con le cause e gli effetti della guerra scatenata contro l’Ucraina che dura da quasi tre anni.

Resiste il controllo ucraino di Kursk

Nel frattempo, paradosso dei paradossi, il corpo di spedizione ucraino che si è installato nell’oblast di Kursk resiste alle ondate russe perché mancano sia gli uomini che le armi per cacciare l’élite ucraina entrata nel paese aggressore per sabotare le linee di rifornimento col sud. Il popolo russo ha avuto uno shock: Vladimir non sa difendere le frontiere? Vladimir dà la precedenza all’avanzata nel Donetsk e nel Donbass dove muoiono trecento soldati russi al giorno secondo l’istituto Warfare del Regno Unito.

Anche Kiev ha avuto nella notte un bombardamento a tappeto di droni russi, di cui 113 abbattuti. Il governo di Kiev sostiene di avere in alcune aree la supremazia aerea, ma non nel meridione invaso nell’oblast di Voronezh e Briansk. Tutti gli istituti miliari valutano il numero complessivo di morti e feriti delle due parti superi il milione. I fatti dicono che Putin e il suo Stato Maggiore abbiano deciso di non opporre una vera resistenza alle truppe di Kiev entrate in casa, per terrorizzare Zelensky da Sud. Siamo quindi allo stabile paradosso di una guerra bipolare in cui l’invasore invade l’invaso e viceversa. Molti i bombardamenti di centrali elettriche per lasciare le famiglie ucraine al gelo invernale. Ma Kiev conta sul riscaldamento globale che l’anno scorso aiutò gli ucraini.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.