Possibili cambi della dottrina nucleare
Putin non minimizza più l’incursione ucraina del Kursk, avverte la Nato sui missili e ordina la controffensiva: sul nucleare i falchi russi pressano lo zar
Vladimir Putin non vuole più minimizzare l’invasione del Kursk. Dopo settimane di ostentata tranquillità, lo “zar” ha deciso di cambiare metodo. Da San Pietroburgo, il capo del Cremlino ha avvertito i Paesi Nato che saranno considerati “in guerra con la Russia” se daranno missili a lungo raggio all’Ucraina. Mentre per la regione occupata dalle forze ucraine, adesso l’ordine è quello di iniziare la riconquista. Dopo avere perso decine di villaggi, obbligato migliaia di civili a lasciare le proprie case e visto centinaia di soldati catturati, Mosca ha fatto scattare la controffensiva.
In questi giorni, la Russia aveva comunicato di avere ripreso il controllo di dieci centri abitati. Poi, ieri, sono arrivate anche le dichiarazioni del ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, che aveva detto che l’esercito russo stava “spingendo le forze ucraine fuori dalla regione”. Infine, dopo alcune ore, è stato lo stesso presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ad ammettere il lancio di una “controffensiva” da parte dei russi. Una risposta che, a detta di Zelensky, “è coerente con il piano ucraino”, su cui non sono stati forniti dettagli. Ma è la certificazione sull’inizio di quell’operazione che nei piani di Putin dovrebbe portare alla riconquista dell’oblast entro ottobre.
Un progetto ambizioso, sui cui però gli analisti del think tank “Institute for the study of war” hanno lanciato l’allarme: l’intento di Mosca, in questa fase, è quello di intrappolare le forze ucraine nella regione. E rischia di riuscirsi. Una situazione difficile, tesa, che si unisce anche ad altre questioni che in questo momento fanno da padrone nei circuiti strategici di Kiev e Mosca. Nella capitale ucraina (e di riflesso a Washington e Bruxelles) si continua a parlare con insistenza della revoca delle restrizioni all’uso dei missili occidentali in territorio russo. Una decisione che appare ormai sempre più vicina, come suggerito anche dalle più recenti dichiarazioni del segretario di Stato americano, Anthony Blinken.
E se nel Paese invaso si discute su come colpire la Russia con i missili arrivati dall’Occidente (Atacms e Storm Shadow soprattutto), nella Federazione si parla con sempre maggiore insistenza di un altro (inquietante) tema: quello del cambiamento della dottrina nucleare. Una modifica che vorrebbe dire solo una cosa, e cioè rendere più facile utilizzare le armi nucleari. Quantomeno sulla carta. Il dossier è sul tavolo di Putin da parecchio tempo. Con l’inizio della guerra in Ucraina, molti osservatori ed esperti hanno temuto che il Cremlino, in caso di estrema necessità e di possibile sconfitta, avrebbe potuto utilizzare le atomiche, in particolare quelle descritte come “tattiche”. E adesso, nei circuiti militari e strategici di Mosca continua a essere sempre più alta la pressione sullo “zar” per dare il via libera a un cambiamento radicale dell’approccio russo all’atomica. All’inizio del mese ne aveva parlato il viceministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, che aveva parlato dei pericoli derivanti dalle iniziative ucraine e occidentali nella guerra e addirittura di lavori “in fase avanzata”.
Poi, in questi giorni, è intervenuto uno dei più influenti consiglieri del Cremlino sulle armi nucleari, Sergei Karaganov, che in un’intervista a Kommersant ha fatto capire che i falchi sono di nuovo in volo per spingere Putin ad approvare una nuova dottrina. “È tempo di dichiarare che abbiamo il diritto di rispondere a qualsiasi attacco massiccio sul nostro territorio con un attacco nucleare. Ciò vale anche per qualsiasi conquista del nostro territorio”, ha detto Karaganov, che ha criticato pesantemente la vigente politica di Mosca su questo specifico punto. Secondo l’attuale dottrina, infatti, la Russia può usare armi nucleari in risposta a un attacco nucleare o dopo un attacco convenzionale che minaccia l’esistenza dello Stato.
Per Karaganov, che spesso ha parlato anche della possibilità di attacchi nucleari preventivi contro l’Europa, l’attuale dottrina sarebbe addirittura “suicida” e frutto di un sistema internazionale ormai desueto. E le parole di un uomo che ha sempre lavorato sul programma nucleare di Mosca non possono essere prese sottogamba. Né per la sua influenza su Putin, né per la sua capacità di raccogliere intorno a sé i falchi. Stanchi di una guerra avara di trionfi, di una risposta all’invasione di Kursk considerata troppo lenta, e desiderosi di mostrare al mondo il volto più duro delle forze russe. Anche contraddicendo le direttive dello zar.
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