Cinque Stelle, ex grillini passati in altri gruppi parlamentari, leghisti. A collegare in un immaginario filo queste componenti è il “putinismo” che spingerà alcuni parlamentari a dare forfait domani mattina a Montecitorio, dove è atteso il discorso in videocollegamento di Volodymyr Zelensky, il presidente ucraino che da settimane sta guidando il suo Paese nella guerra contro l’invasione russa.

Non si tratta infatti di una questione di spazi e di Covid: per l’occasione, Zelensky è il terzo capo di Stato estero a parlare alla Camera dopo re Juan Carlos di Spagna e papa Giovanni Paolo II, il presidente della Camera Roberto Fico aveva deciso di utilizzare tutti gli spazi disponibili (comprese le tribune) per ospitare i parlamentari, come fatto per il giuramento di Sergio Mattarella.

È infatti un ‘no’ ideologico quello che arriverà dai deputati che già giovedì scorso non avevano votato il decreto Ucraina e dai senatori che faranno lo stesso al testo in arrivo a Palazzo Madama.

Alcuni nomi sono già noti e certi, come spiega Repubblica. È il caso del leghista Simone Pillon, impegnato martedì in una missione a Londra in occasione della nascita della fondazione dedicata a Tafida Raqeeb ma che ha comunque espresso “forti perplessità” sulla videoconferenza  di Zelensky  perché “dovremmo collocarci in una posizione adeguata per promuovere la pace” e “vendere armi a una delle parti in conflitto non favorisce il dialogo”

C’è poi il caso della pentastellata Enrica Segneri, che assieme al collega Gabriele Lorenzoni aveva votato contro il decreto e che ha definito “inopportuno” il discorso del leader ucraino a Montecitorio. In dubbio anche la partecipazione di Nicola Grimaldi, deputato 5 Stelle che aveva chiesto in una sorta di ‘par condicio’ applicata alla guerra di ospitare anche il presidente russo Vladimir Putin. Nell’elenco dei parlamentari che non dovrebbero partecipare ci sono anche due ex pentastellati passati in Forza Italia, Veronica Giannone e Matteo Dall’Osso: “Sono orientato a non esserci, si dà visibilità solo a una parte. Anche Vladimir Putin in Aula? Chi lo chiede fa bene!”, spiega quest’ultimo.

Si sfila ovviamente Emanuele Dessì, ex grillino ora nel Partito Comunista di Marco Rizzo, tornato recentemente dalla Bielorussia fida alleata di Putin nella guerra in Ucraina. “Alla Camera né Zelensky, né Putin”, è il leitmotiv di Gianluigi Paragone, che dopo i 5 Stelle ha fondato Italexit, mentre è improbabile anche la presenza di Vito Comencini, il leghista che nei giorni scorsi era andato a San Pietroburgo con l’intenzione di partire per il Donbass. Si sfilerà sicuramente Vito Petrocelli, il ‘compagno Petrov’ presidente della Commissione Esteri del Senato e noto per le sue posizioni filo-russe e filo-cinesi. “Sarebbe stato doveroso ascoltare anche la voce della controparte russa”, ha spiegato invece la senatrice Bianca Laura Granato, ex 5 Stelle ora nel Gruppo Misto, che non sarà presenta in Aula.

Assente anche l’intero gruppo di Alternativa, i dissidenti ex 5 Stelle. “Abbiamo deciso che non parteciperemo alle dichiarazioni di Draghi e Zelensky. Far parlare loro due non porta a nulla. Semmai avrebbe senso organizzare una conferenza di pace”, spiega infatti l’ex grillino Andrea Colletti.

Quanto all’intervento di Zelensky, che sarà trasmesso in diretta su Rai1, dovrebbe durare circa quindici minuti: prima del presidente ucraino prenderanno la parola per due minuti a testa i presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico ed Elisabetta Casellati, mentre dopo Zelensky sarà il turno del premier Mario Draghi.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia