Joe Biden è apparso sicuro. Gli Stati Uniti, ha detto il presidente, non sono certo nella posizione di “permettere” a Israele di fare qualcosa, ma possono “consigliare”. E il consiglio della Casa Bianca (sulla risposta da dare all’Iran per il lancio dei missili) è quella di evitare un attacco ai siti nucleari di Tehran. Un rischio eccessivo, secondo Washington, anche se molti in Israele vorrebbero mettere definitivamente la parola “fine” al programma nucleare iraniano.

Distruggere i tunnel di Hezbollah e i depositi di armi

Gli esperti sembrano ormai orientati sull’ipotesi degli strike agli impianti petroliferi o del gas. Uno scenario che per qualcuno sarebbe la traduzione sul campo di battaglia di quell’avvertimento di Benjamin Netanyahu sull’Iran che avrebbe pagato un “prezzo alto”. E che secondo Forbes dovrebbe avere principalmente quattro obiettivi. Il primo è il Kharg Oil Terminal sull’isola di Kharg, hub dell’export di petrolio iraniano. Il secondo potrebbe essere un insieme di terminali petroliferi nella provincia di Hormozgan. Un terzo bersaglio è da individuare nella raffineria di Abadan, al confine tra Iraq e Iran, particolarmente importante per il consumo interno. Mentre il quarto potenziale sito degli attacchi potrebbe essere il Mahshahr Oil Terminal, un porto situato sul canale Khor Musa. Tutti centri in grado di colpire in maniera profonda la già fragile economia del paese.

Netanyahu studia ogni dettaglio, consapevole che ora la guerra contro l’Iran – mai ufficialmente dichiarata ma ormai evidente in tutte le sue varie declinazioni – è arrivata a un momento forse decisivo. Sul fronte della Striscia di Gaza, dove ieri le Israel defense forces hanno liberato una 21enne yazida che era stata rapita 10 anni fa dallo Stato islamico e trasferita poi a Gaza, è stata annunciata la morte di altri due elementi di spicco di Hamas. Uno è Rawhi Mushtaha, considerato il “primo ministro” de facto della Striscia e uno dei più importanti confidenti di Yahya Sinwar. L’altro è Abdel Aziz Salha, l’uomo fotografato nel 2000 con le mani sporche di sangue dopo il linciaggio a Ramallah di due soldati israeliani, Vadim Nurzhie e Yosef Avrahami.

Distruggere i tunnel di Hezbollah e i depositi di armi

Ma adesso il fronte più caldo per lo Stato ebraico è quello del Libano, dove le truppe di Tsahal – entrate nel paese dei cedri ormai da giorni – hanno compreso da subito che le cosiddette “operazioni limitate” non sarebbero state affatto semplici da eseguire né prive di rischi. Hezbollah, nonostante i colpi subiti dal Mossad, la morte di Hassan Nasrallah e i continui bombardamenti di aeronautica e artiglieria israeliane, è un nemico in grado di resistere. Armato e addestrato in maniera molto diversa rispetto ad Hamas, e su un terreno che conosce perfettamente. I miliziani del Partito di Dio combattono in quello che è il loro santuario e, rispetto ai soldati dell’Idf, riescono a muoversi in maniera molto più sicura. Le perdite per i combattenti filoiraniani non sono certo poche, poiché si parla già di 100 di loro uccisi dall’inizio dell’invasione. Ma le truppe israeliane sono ben consapevoli dei rischi e si muovono con grande cautela, specialmente dopo la morte di 8 soldati solo in un giorno.

Secondo il Wall Street Journal, che ha sentito diversi funzionari della Difesa israeliana, attualmente l’obiettivo principale dell’Idf è quello di distruggere i tunnel di Hezbollah e i depositi di armi vicino al confine. A proposito di un’invasione su vasta scala, una fonte del Wsj ha detto che “non è nei nostri pensieri”. Ma è chiaro che – arrivati a questo punto – non si può escludere alcun tipo di scenario, perché tutto dipende dagli obiettivi prefissati da Netanyahu e dai suoi comandanti e dalla resistenza offerta dal movimento sciita. Il portavoce in lingua araba dell’esercito di Israele, Avichay Adraee, ha annunciato l’avviso di evacuazione per 25 località nel Libano meridionale che sono appena al di sopra del fiume Litani. E i jet dello Stato ebraico sono tornati di nuovo a bombardare il quartiere di Dahiyeh, a Beirut, dove sembra sia stato colpito il quartier generale dell’Intelligence di Hezbollah. Secondo il governo locale, sono quasi 2mila le persone uccise durante i raid nel paese dall’inizio della guerra (due sono anche soldati delle forze armate nella zona di Bint Jbeil). E mentre molti cittadini fuggono via terra, ma anche con traghetti e gli ultimi aerei disponibili, oggi nella capitale libanese dovrebbe arrivare il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi. Prova di forza di Tehran per confermare i suoi rapporti con il Partito di Dio.