Non è solo questione di sadismo e rappresaglia. Non indicano soltanto questo i fatti del carcere di Santa Maria Capua Vetere secondo il Cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano Don Gino Rigoldi. “Ogni violenza, ogni reato, nasce da una storia e in un contesto. Ridurle a forme di sadismo o di rappresaglia ha il solo effetto di nascondere il vero problema: le condizioni di vita e di lavoro nelle nostre carceri”, ha scritto in un editoriale su Il Corriere della Sera.

I detenuti nelle carceri italiane sono, secondo l’ultima rilevazione del Garante Nazionale del 7 giugno, 53.661. Il limite massimo della capienza degli Istituti è di 50.781 posti. Gli ergastolani in Italia sono 1.779, dei quali 1.259 quelli ostativi. Il problema della violenza, e della disumanità, degli Istituti di Pena è esploso con il caso dei pestaggi, della rappresaglia, dell’operazione spacciata per “perquisizione” nel reparto Nilo nel Francesco Uccella di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, del 6 aprile 2020. 117 gli indagati, 52 i destinatari di misure cautelari. Violenze che erano state già denunciate, ma che sono diventate un caso con la pubblicazione delle immagini riprese dal sistema di video sorveglianza.

I dati del ministero riportano al 31 maggio scorso 945 detenuti per una capienza di 809 persone della struttura. Il giorno prima della “orribile mattanza”, come definita dal gip, i detenuti avevano protestato per chiedere dispositivi di protezione contro la pandemia da coronavirus, come nei giorni e nelle settimane precedenti avevano fatto altri detenuti in diverse carceri in tutto il Paese. Alla fine delle rivolte, anche violente, si contarono 13 morti, tutti reclusi, tutte per overdose da metadone e farmaci rubati nelle infermerie assaltate secondo quanto riferito dalle autorità.

Dopo la pubblicazione delle immagini dei pestaggi è sorta spontanea la domanda: quanto e in che misura Santa Maria Capua Vetere è stata un’anomalia? “Circola tra i detenuti e gli ex detenuti, ma anche tra operatori – scrive don Rigoldi – la classificazione di alcuni carceri come punitivi, legati mediamente al trattamento particolarmente duro, vero o presunto, all’interno di quegli istituti. In Lombardia tra i più citati come punitivi sono Monza (614 detenuti per una capienza di 403), Vigevano (328/242), Pavia (593/518), Busto Arsizio (362/240) e, per alcuni, anche Opera (1.152/918)“. Il concetto di carcere “punitivo” – che Rigoldi sottolinea “presunto” in quanto tramandato – non è naturalmente contemplato dall’ordinamento.

Per il rapporto del Consiglio d’Europa “Space” le carceri italiane sono le più sovraffollate dell’Unione Europea: 120 detenuti ogni 100 posti a fine 2020. Le Regioni che presentano il sovraffollamento maggiore sono la Lombardia e la Puglia secondo il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria. La Campania è prima a livello nazionale per numero assoluto di condannati non definitivi (1.233, pari al 18,8% del totale) e di reclusi in attesa del primo giudizio (1.252, cioè il 19,6% dell’intera popolazione carceraria). Secondo Antigone sono oltre venti i carceri sovraffollati in Italia, con Taranto (196,4%), Brescia (191,9%), Lodi (184,4%) che raggiungono le percentuali più alte. Al 31 dicembre 2020 sono stati 61 i detenuti che si sono tolti la vita in carcere, il dato più alto con il 2018 e il 2002.

Il cappellano riporta il dato sulla recidiva, di oltre il 50%, e la media di un educatore – “ha la funzione di costruire e promuovere il rapporto tra il detenuto, la direzione, il suo avvocato, la sua famiglia e di pensare un minimo di progetto per il futuro, soprattutto per l’uscita del detenuti” – ogni 80 detenuti. “Esistono in Italia istituti penitenziari – penso a Bollate, a Padova, a Rebibbia, a Volterra – dove le condizioni di vita di tutti, detenuti e personale sono positive. Lì non capiterebbero mai gli episodi come quello di Santa Maria Capua Vetere. La richiesta minima che possiamo rivolgere al ministero della Giustizia è di seguire i modelli positivi che già esistono”, conclude don Rigoldi. La ministra Marta Cartabia ha avviato accertamenti e colloqui con Dap e Garanti per chiarire quello che è successo nel carcere casertano. Ha definito tutto il caso un oltraggio alla divisa e alla Costituzione. Anche nel carcere di Rebibbia a Roma, di Opera a Milano e di Padova, durante la prima fase dell’emergenza covid nella primavera 2020, si verificarono comunque delle rivolte.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.