La classifica sulla
qualità della vita nelle città italiane de
Il Sole 24 Ore ha reso chiaro il dislivello che c’è tra il
Nord e il
Sud del paese. A parte poche, eccellenti, eccezioni, i capoluoghi di provincia del
Mezzogiorno restano molto indietro rispetto a quella che viene definita la locomotiva del Paese. E a leggere quelle tre classifiche sulla qualità della vita di bambini, giovani e anziani si fa difficoltà a dare torto a quella definizione. La
Campania è una delle regioni messe peggio soprattutto per quanto concerne la qualità della vita dei bambini. Su 107 province,
Salerno è al posto 101,
Napoli al 100esimo,
Caserta al 97esimo,
Benevento al 96esimo,
Avellino al 94esimo.
Quando si parla di minori si dovrebbe ragionare sulla loro presa in carico per l’accompagnamento alla crescita. Per questo è necessario puntare sui servizi. A partire dagli asili nido, la cui copertura nazionale è di 24 posti per 100 bambini. La Campania è ultima con il 7,6%. Anche sulla dispersione scolastica la nostra regione conta le percentuali tra le più alte. Nell’area metropolitana di Napoli il 22,1% dei giovani abbandona gli studi. A Caserta il 17,9, a Benevento il 17, a Salerno il 15,3, ad Avellino il 9,3%. E a proposito di scuola siamo messi male anche sull’accessibilità. Salerno è 106esima per scuole accessibili, peggio fa solo Agrigento. Quella dei servizi dedicati alle persone con disabilità – in particolar modo ai minori – è una piaga che la nostra regione si porta avanti da decenni. E lo dimostrano anche i dati emersi dallo studio de Il Sole 24 Ore. Caserta è al 105esimo posto per spesa pubblica per il trasporto pubblico di persone con disabilità e anziani. Gli ambiti sociali, a parte poche eccezioni, non investono su questi servizi o investono poco e male. Questo nonostante i trasferimenti arrivati da parte della Regione e dei governi che si sono succeduti negli ultimi anni. Ciò mostra, non solo una mancanza di capacità amministrativa, ma anche di volontà politica.
È necessario decidere da che parti si vuole stare. Ma mi parrebbe superfluo dire che dovremmo stare tutti dalla parte dei cittadini più vulnerabili. Ci sono situazioni in cui il Comune capofila non condivide le risorse con gli altri Comuni dell’ambito. E questo discorso vale chiaramente anche sugli altri servizi sociali come quelli relativi agli anziani. Anche su questo punto la Campania è parecchio indietro in classifica. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, Caserta è 99esima, Benevento 98esima, Avellino 93esima, Salerno 92esima e Napoli 71esima. Su questo punto ha inciso anche la pandemia che ha mostrato le crepe di un sistema socio-sanitario al collasso e senza una visione futura.
Gli enti del terzo settore, impegnati quotidianamente nel fornire servizi e sostegno ai cittadini più fragili, hanno toccato con mano le carenze del pubblico. Soprattutto nei servizi che il privato sociale gestisce per conto del pubblico, dove le istituzioni latitano anche nell’accompagnamento alle realtà associative e cooperative che a esso si sostituiscono.A questo si aggiunge la carenza della macchina amministrativa, perché gli uffici non sono organizzati, si muovono farraginosamente come negli anni ’90. Ma il mondo è andato avanti. Bisogna svecchiare gli uffici pubblici. E qui c’è l’altro atavico problema del pubblico: la carenza di personale che ostacola lo sviluppo. Per questo il
Mezzogiorno non riesce a crescere. Per questo la
Campania fa fatica, le città arrancano e i cittadini non ricevono quei servizi adeguati sia a uno
standard minimo di
qualità della vita sia alle tasse che si trovano a pagare. Bisogna pensare a sistemi di accreditamento dei servizi, come nel caso dell’
assistenza domiciliare. Non si può più pensare che sia legata a dei bandi. Bisogna creare dei sistemi di accreditamento sul territorio. Come abbiamo potuto constatare durante la pandemia, l’assistenza domiciliare è stata tra i servizi che hanno risposto meglio. Noi abbiamo cercato, e spesso siamo riusciti, a dare risposte concrete, mentre i servizi standard del pubblico hanno arrancato.
I servizi devono essere organizzati in considerazione dei soggetti fragili. Il welfare deve essere al centro delle decisioni politiche, al centro della visione delle amministrazioni, soprattutto dei comuni capoluogo. Bisogna costruire un’idea di società più attenta al bisogni dei cittadini, un welfare moderno e sussidiario. Bisogna puntare sui servizi. Ridisegnare il welfare di concerto con i soggetti del terzo settore che sono quelli che hanno l’orecchio sul territorio. Bisogna dialogare, co-progettare e uscire da questa finta concertazione nella quale siamo finiti. Serve un percorso di co-programmazione sociale come previsto sia dal Codice del terzo settore e dal decreto ministeriale 72 del 31 marzo 2021. La Campania deve cambiare passo e le prossime elezioni sono il banco di prova, soprattutto perché andranno al voto quattro capoluoghi di provincia su cinque.
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Giovanpaolo Gaudino