Arrivano i risultati d’oltremanica: si conferma la vittoria schiacciante in termini di seggi del leader laburista Keir Starmer, autore di una svolta più moderata interna al proprio partito che ha consentito di raccogliere il testimone da Rishi Sunak, catalizzatore di tutti i disastri dei Tories degli ultimi 14 anni. Un’analisi oggettiva e lucida dei risultati ci può portare a dire però che:

  1. Starmer, nonostante l’exploit di seggi, non sfonda allo stesso modo in termini di consenso percentuale: solo 1,5% in più delle scorse elezioni per il Labour “riformista”.

  2. I Tories perdono a causa di Farage che divora voti preziosi in ogni collegio, portando al tracollo conservatore.

  3. I Liberaldemocrats ne giovano in questo scenario, ottenendo 60 seggi in più rispetto alla volta scorsa, confermando il loro consenso e insidiando fino all’ultimo in molti collegi i conservatori.

Partendo da questi ultimi, il dato significativo, osservando le reazioni dal nostro paese, è la totale noncuranza da parte dei partiti riformisti e liberaldemocratici del successo storico dei propri cugini britannici: come se non esistessero, e come se non rappresentassero un interlocutore privilegiato.

Eppure, il Labour non ha messo minimamente in contraddizione il suo impianto socialista e socialdemocratico, Starmer ha detto chiaramente che non intende per nulla riprendere i rapporti con l’Unione Europea.

Mentre dall’altro lato i Libdem inglesi ottengono quasi il 13%, settuplicano i propri seggi, sono l’unico partito a vocazione europeista e hanno ricette molto simili ai nostri cugini europei di Ensemble in Francia, dell’FDP in Germania ecc. Ma evidentemente per gli afferenti ad ALDE e PDE, Renew Europe, in Italia tutto questo non merita una menzione, nemmeno per la super campagna degli amici liberaldemocratici del Regno Unito.

Questo fatto cela il grande equivoco del gioco di specchi che diventa sempre di più la politica italiana, dove tutto sembra uscire deformato dalla sua reale consistenza e si plasma a seconda delle convenienze del caso.

Eppure, quest’area politica in Italia è europeista, è liberale, è sviluppista. E non solo è europeista, ma è anche sovranista europea, motivo ancor più valido per porre attenzione anche alla rinnovata forza nel sistema istituzionale dei Libdems.

Passando in rassegna altri risultati: il Partito Nazionalista Scozzese riscuote un magro risultato, causato dalla crisi di leadership che sta vivendo in seguito all’abbandono della Sturgeon, e in Irlanda del Nord il primo partito è ufficialmente Sinn Féin. E ultimo dato, ma non per importanza, l’affluenza: il peggior dato da 20 anni a questa parte per il Regno Unito, 59% circa, segno che una carenza di offerta politica esiste, anche lì.

Starmer si ritrova adesso a governare un Paese in ginocchio, a dover gestire una potenziale situazione esplosiva a Belfast e a dover fare i conti con i traumi della Brexit, pur mantenendo l’impostazione distaccata verso l’UE, necessaria per non perdere una quota di consensi considerevole, ma soprattutto erediterà il grosso fardello della guerra in Ucraina, partita sulla quale il suo predecessore si era esposto molto.

Gli inglesi dopo 14 anni di scelte politiche disastrose hanno aperto gli occhi, ma ora per conquistare subito il consenso dell’opinione pubblica il primo ministro laburista in pectore dovrà dare risposte immediate, e i conservatori dovranno a loro volta immediatamente riorganizzarsi e fare una scelta di campo rispetto a Reform UK di Farage che gli tiene il fiato sul collo.

In questo scenario di grandi responsabilità per il Labour e di scelte di campo significative per i Tories, i Liberaldemocrats con una pattuglia parlamentare molto più ampia possono provare a costruire le condizioni per rappresentare un’offerta credibile e terza di governo al prossimo giro, provando a scardinare un bipolarismo già messo in crisi da tempo, anche lì dove a regnare è la prassi, la consuetudine, la tradizione, e anche su quel versante non è che sembrano messi troppo bene.

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Nato nel 1995, vivo a Trieste, laureato in Cooperazione internazionale. Consulente per le relazioni pubbliche e istituzionali, ho una tessera di partito in tasca da 11 anni. Faccio incontrare le persone e accadere le cose, vorrei lasciare il mondo meglio di come l'ho trovato. Appassionato di democrazia e istituzioni, di viaggi, musica indie e Spagna