I nerazzurri ci riprovano contro il City di Pep Guardiola
Quando l’Inter vinse la sua prima Champions e Mazzola sconfisse gli dei del calcio
Per un bel pò di tempo – ero davvero piccolo – ho creduto che il gol fosse valido quando il pallone entrava in rete dopo aver toccato il palo. Qualcosa che era entrato nel profondo della memoria involontaria, come la chiamava Proust, e ancora oggi che sono passati decenni, quando vedo il pallone sbattere contro il palo ed entrare in porta, sento un fremito dentro. Il fatto è che negli occhi confusi del bambino era entrata l’immagine del terzo gol di Sandro Mazzola contro il Real Madrid nella finale di Coppa dei Campioni del 1964, lui che ruba palla, entra in area e beffa il portiere con un tocco di esterno che sbatte sul palo più lontano ed entra in rete: una gioia per il piccolo bambino che vedeva col papà interista quella partita nella nebbiolina in bianco e nero della televisione di allora.
Era la prima Coppa dei Campioni vinta dalla grande Inter (sabato, 59 anni dopo, i nerazzurri ci riproveranno ancora), era «l’Internazionale di Milano» come diceva il mitico telecronista Nicolò Carosio, in quel lontano 27 maggio 1964, al Prater di Vienna, lo stadio nel grande parco viennese teatro di tante novelle delle felix Austria, contro una squadra leggendaria, forse la più grande di tutti i tempi, il Real Madrid allenata da Miguel Munoz con giocatori come Di Stefano, Puskas, Gento, che aveva già incamerato ben cinque Coppe dei Campioni.
Alberto Di Stefano, che era già anziano, prima della partita salutò il giovane Mazzola: «Ho giocato contro tuo padre», il ragazzo si commosse, si racconta che Luisito Suarez, ex del Real e regista dell’Inter, quasi sgridò Mazzola per farlo tornare alla realtà. Quella sera c’era tutto il calcio del mondo.
Bene, in uno stadio strapieno (30mila tifosi interisti), ecco le squadre in campo, come si dice, agli ordini del gigantesco arbitro austriaco Stoll. Real Madrid: Vicente, Isidro, Pachin, Muller, Santamaria, Zoco, Amancio, Felo, Di Stefano, Puskas, Gento. Ed ecco l’Inter di Helenio Herrera: Sarti, Burgnich, Facchetti, Tagnin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Milani, Suarez, Corso. Per quel che può valere una nostra opinione, in campo ci sono almeno dieci fuoriclasse, gente che resterà per sempre nella storia del calcio mondiale.
Era un calcio molto diverso da quello di oggi: più poesia e meno muscoli. Era bellissimo. Di quella Inter si sa tutto: «Avevano una difesa fortissima – mi disse anni dopo Gianni Rivera – Suarez che lanciava lungo e due punte velocissime, Jair e Mazzola. E poi c’era Corso: noi quando vedevamo che era in giornata capivamo che avremmo perso». Sul Real un paio di cose almeno. Tutti in bianco erano elegantissimi. Alberto Di Stefano e Férenc Puskas erano due miti ma già avviati al tramonto, mentre Francisco Gento e Amaro Amancio erano due ali veloci e talentuose, soprattutto Gento che è scomparso l’anno scorso. Ecco dunque i bianchi contro i nerazzurri. Palla al centro. L’Inter sembra subito più fresca e già al 4’ sfiora il gol con una delle leggendarie punizioni di Mariolino Corso.
Il Real si difende ma i nerazzurri, più giovani, fanno la partita pur senza creare occasioni clamorose e si va avanti così fino al 41’ quando gli spagnoli hanno una buona occasione per passare: Muller passa la palla a Gento, finta dell’ala sinistra e passaggio a Felo che spreca tutto. Passano due minuti e l’Inter passa in vantaggio: azione che si svolge tra Guarneri e Facchetti avanzati sino al limite dell’ara spagnola (come si vede l’idea dei difensori in avanti non l’hanno inventata gli olandesi di Cruyff), tocco laterale per Mazzola il quale stoppa, indugia un attimo, lascia partire un gran destro preciso e fortissimo a mezza altezza, Vicente è battuto, è un gran gol.
La ripresa inizia con il Real in avanti, ottiene subito un calcio d’angolo e al 48’ si rende pericoloso con Puskas, poi Zoco, bel giocatore molto duro, abbatte Mazzola in area di rigore spagnola ma il gioco prosegue tra le proteste nerazzurre e Felo serve Puskas al limite dell’area nerazzurra, gran tiro del mito ungherese, Giuliano Sarti è battuto ma il pallone si stampa sul palo e ritorna in campo. Al 53’ è ancora il Real a rendersi pericoloso: punizione dai venti metri, batte Di Stefano bucando la barriera e Sarti si supera deviando il pallone in calcio d’angolo.
Il Real attacca e l’Inter cerca di alzare la sua linea difensiva per non farsi schiacciare troppo nella sua area, ecco che al 59’ Felo spreca una buona occasione ma subito dopo l’Inter raddoppia: Mazzola sulla sinistra difende caparbiamente il pallone servitogli da Corso, resiste a Zoco e serve Milani il quale si apre un bel corridoio e tira violentemente, pallone che entra: Milani, giocatore dimenticato, eroe di quella notte viennese. Il Real sembra scosso dal raddoppio, ma è una grande squadra e reagisce subito, si rende pericoloso con Gento al 68’ e al 70’ segna il gol della speranza: calcio d’angolo battuto da Amancio, pallone che filtra tra un nugolo di gambe, Felo se lo ritrova tra i piedi e da due metri lo mette in rete.
Ora il Real Madrid ci crede, attacca, sfiora il pareggio al 75’ con Puskas, ma Picchi è ben appostato sulla linea e rinvia, e quando sembra che il gol del pareggio debba arrivare da un momento all’altro José Santamaria, uruguaiano di classe, commette un grave errore e di fatto consegna la palla a Mazzola che alla sua maniera lo dribbla, entra in area di rigore spagnola, attende l’uscita di Vicente e lo batte con un tocco che manda la palla sul palo e quindi in rete: è il gol del 3-1 che resta nella coscienza profonda del bambino che vede la partita col papà.
Adesso manca un quarto d’ora, quindici minuti incandescenti nei quali il Real tira fuori tutto quello che ha ma di fronte si eleva la barriera insormontabile di Burgnich Facchetti Guarnieri Picchi ed è come andare all’assalto di una muraglia umana, poi ci pensano Suarez e Corso a tenere la palla per far passare il tempo. Finalmente al novantesimo Stoll porta il fischietto alle labbra. Finisce così, l’Inter ha conquistato la sua prima Coppa dei Campioni contro gli déi del calcio europeo. E il bambino pianse di gioia.
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