Elezioni Politiche 2022
“Quando manca il coraggio di sapersi accontentare”, persino dopo essere stato Procuratore Nazionale Antimafia
“Quando manca il coraggio di sapersi accontentare” è il titolo di un mio scritto, pubblicato sul Riformista il 10 novembre 2020. A proposito della vicenda del Generale dei Carabinieri Cotticelli e della sua magra figura come Commissario straordinario per la Sanitá in Calabria.
Quando ho appreso la notizia della, per me sorprendente, candidatura alle prossime elezioni politiche di Federico Cafiero De Raho, mi sono ritornate in mente alcune delle considerazioni fatte in quell’occasione. Non perché Cafiero De Raho, a differenza del generale dei Carabinieri Saverio Cotticelli, non abbia le competenze per la nuova funzione cui aspira, e che gli è stata garantita dalla posizione di capolista. Ma perché sino a pochissimi mesi fa ha ricoperto – dal 2017 sino a maggio del 2022 – la delicatissima funzione di Procuratore Nazionale Anti-Mafia e Anti-Terrorismo. Dirigendo cioè l’ufficio giudiziario requirente più delicato del nostro Paese. E persino d’Europa. L’unico con competenza su tutto il territorio nazionale. Con accesso diretto, pertanto, alle informazioni più delicate e riservate di tutti i cittadini. Compresi, e soprattutto, viene legittimo pensare, quelle di coloro – e di loro parenti e amici – che sono ora diretti potenziali avversari politici, e contendenti, del candidato Cafiero De Raho.
Mi sono allora chiesto cosa può avere spinto quello che sino all’annuncio della sua candidatura consideravo un vero uomo delle istituzioni, integerrimo servitore dello Stato e magistrato esemplare, a entrare così rapidamente nell’agone partitico.
Ho incontrato personalmente una sola volta il dottore Cafiero De Rhao. Fu in occasione di un suo applaudito intervento su criminalità organizzata di tipo mafioso e terrorismo presso l’Universitá fiamminga di Bruxelles (la celebre VUB).
L’allora Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo descrisse l’organizzazione investigativa nazionale italiana. Che io ben conosco dagli esordi, avendo avuto occasione di collaborare personalmente su alcune delicatissime indagini internazionali con l’allora Procuratore Nazionale Pierluigi Vigna. Un grande magistrato che poteva essere appetibile per molti partiti, ma che abbandonata la toga non scelse la discesa in campo partitico.
Cafiero De Raho si soffermò a illustrare la banca dati nazionale, gestita dalla sua procura nazionale. “Pensate se tutti i paesi avessero lo stesso sistema”, disse a giusto titolo. Sottolineando il ruolo di coordinamento e impulso, senza altri esempi in Europa, che la procura nazionale ha nei confronti delle procure distrettuali, nonché dei contatti con le autorità giudiziarie degli altri paesi, europei e non. Anche attraverso la costituzione di squadre investigative comuni. Cosa ancora impensabile negli altri paesi.
Citando l’insegnamento di Rocco Chinnici, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ricordò infine come solo con la passione per un lavoro investigativo di squadra, che non conosce soste e limiti temporali, si può combattere e sperare di vincere la guerra contro questa malapianta. E passione, spiegava Cafiero De Raho, significa soprattutto “saper soffrire con gli altri e per gli altri”.
Provai subito personale stima per le parole di quel Magistrato, e soprattutto per l’Uomo che dimostrava di essere. Stima che, devo confessarlo, è stata duramente messa alla prova dalla sua repentina discesa in campo. Peraltro, nelle fila di un partito che per molti rappresenta il simbolo del “giustizialismo” peloso, manettaro e populista che davvero poco ha a che fare con la cultura di “Giustizia” equilibrata ed indipendente – con la emme non a caso maiuscola – di cui tanto avrebbe bisogno il nostro Paese.
Perché non aspettare un po’, magari la prossima tornata elettorale, prima di targarsi con un colore partitico? Non sarebbe stata una migliore prova di “saper soffrire con gli altri e per gli altri”, dimostrando soprattutto il coraggio di saperlo fare fuori dai riflettori cui forse è da troppo tempo abituato?
Personalmente l’avrei considerato più degno di un vero uomo di giustizia e servitore dello stato. Ma soprattutto più coraggioso. Forse perché sono convinto che il proprio Paese ed i cittadini li si possa servire anche, e direi soprattutto, al di fuori della politica di parte. Cioè dei partiti. Attraverso tante forme di impegno di volontariato istituzionale, non remunerato, e al di fuori di qualunque connotazione partitica. Nulla di illegittimo, intendiamoci, nella discesa in campo di De Raho. Perché in Italia sono numerosissimi analoghi precedenti. Impensabili in altri paesi. Come quelli dei vari Di Pietro, Ingroia, e più recentemente dello stesso Scarpinato, tanto per citarne alcuni di una lunghissima fila. Ai quali non mi esimo di aggiungere, per par condicio, nemmeno la recente, e per me ingiustificabile, candidatura al Comune di Napoli, come Sindaco, in quota Centrodestra, di Catello Maresca. Quando, proprio a Napoli, era in servizio come Sostituto Procuratore Generale della Repubblica.
Ma finché non ci sarà per i magistrati una legge che ne vieti l’entrata in politica prima di un certo numero di anni dopo la cessazione delle funzioni giurisdizionali, mi sarei forse atteso, da un uomo come Cafiero De Raho, una forma di autolimitazione che non ha dimostrato di avere. Forse, mi viene da pensare, per l’incapacità di avere il coraggio di accontentarsi.
Il grande Tiziano Terzani diceva: “c’è una bella parola in italiano, che è molto più calzante della parola felice, ed è contento. Accontentarsi. Uno che si accontenta è un uomo felice. Perché questo sistema fondato sulla crescita dei desideri – c’è sempre un desiderio che per te è irraggiungibile – rende tutti infelici”.
Ed al Dottore Cafiero De Raho, che non ha dimostrato di avere il coraggio di sapersi accontentare, auguro comunque di essere contento della sua scelta. Pur condividendo in gran parte il contenuto di questa bellissima lettera aperta scrittagli dall’Avvocato napoletano Bruno Botti.
Spero davvero che l’abbia letta. O che la legga. Perché ancora in tempo di dimostrare quel coraggio che, agli occhi di molti, gli è forse mancato. Quello di sapersi accontentare.
***
“Egregio dott. Cafiero de Raho,
mi permetto di rivolgermi direttamente a Lei in virtù della mia lunga militanza da avvocato che mi ha portato spesso ad incrociare la Sua strada e la Sua carriera. Venni persino a salutarla, quando partì da Napoli, per approdare al vertice della Direzione Nazionale Antimafia. Mi sembrava doveroso venire a renderLe omaggio nel momento in cui coronava meritatamente una carriera densa di successi. Riconoscevo in Lei, insomma, una persona seria con la quale potersi confrontare, da prospettive diverse, sui grandi temi del mondo della giustizia, con lealtà e, soprattutto, competenza.
Solo per questo mi permetto di offrirLe un paio di osservazioni sulla Sua candidatura al parlamento italiano nelle file dei cinquestelle.
La prima è di natura squisitamente istituzionale: la direzione nazionale antimafia è un organismo, magari persino sopravvalutato, ma pur sempre di coordinamento e di intelligence nella lotta al crimine organizzato. Nel Suo ruolo Lei è inevitabilmente venuto in possesso di notizie assolutamente riservate e segrete, naturalmente sottratte alla conoscenza di qualsiasi comune cittadino e persino alle alte cariche dello Stato. Ora, capirà perfettamente che questo bagaglio di conoscenze, straordinariamente utile e prezioso finché ricopriva quella funzione, rischia poi di trasformarsi in un’arma micidiale nei confronti dei suoi eventuali e futuri avversari politici. Per carità, non mi fraintenda: non penso affatto che Lei intenda utilizzare quelle informazioni a scopo politico o, peggio, ricattatorio. Io penso solo quello che – sono certo – pensava anche Lei quando, da cittadino, giudicava il mondo della politica: chi aspira alle più alte cariche istituzionali non deve essere soltanto trasparente e senza peccato, deve anche apparire tale. È così? Mi sbaglio? Pensi che quando il Suo ex collega Piero Grasso assurse alla seconda carica dello Stato, un brivido mi corse lungo la schiena. Eppure, mi creda, nessuno ebbe mai alcun dubbio sulla serietà e buona fede dell’uomo. Anche in quella occasione, però, pensai (e con me molti altri) che se uno sceglie una strada, al servizio del Paese, altre gli restino precluse. Questo non per pretese incompatibilità formali ma soltanto per il rispetto di elementari regole democratiche non scritte. Chi ha trascorso la propria vita ad indagare le vite degli altri, dovrebbe avere la sensibilità istituzionale di sottrarsi al richiamo della politica e non schierarsi con una delle parti in campo. Perché, vede, la tentazione di adoperare quelle indagini per avvantaggiarsi sui propri competitors o magari soltanto per millantare di avere informazioni sensibili, altera gli equilibri democratici. È una questione di bon ton istituzionale. Niente di più e niente di meno.
Lei è un intellettuale raffinato, sono certo che questa banale riflessione non può esserLe sfuggita.
Ma c’è di più: se proprio non si riesce a resistere alle sirene tentatrici della politica e, piuttosto che godersi la strameritata pensione, si sente l’urgenza di rimettersi in gioco al “servizio dello Stato”, come Lei ha detto, si deve scegliere proprio i pentastellati? Cioè quel partito che ha fatto strami dello Stato di diritto, con una arroganza pari soltanto alla propria incompetenza. Davvero non Le crea imbarazzo offrire la Sua immagine di raffinato giurista a chi ciancia di “certezza della pena”, intendendo “certezza del carcere” ed ingannando così i cittadini sulla portata securitaria della pena detentiva, smentita, come Lei sa bene, da innumerevoli e prestigiosi studi statistici? Non la infastidisce essere accomunato a quelli che hanno fondato le proprie fortune politiche al grido “buttiamo le chiavi”? Che hanno ripetuto come un disco rotto “in galera in galera”? Che non hanno perso occasione per dimostrare la propria assoluta mancanza di alfabetizzazione in tema di garanzie di libertà?
E poi, mi perdoni, vogliamo una volta per tutte finirla con questo stucchevole giochino del più “antimafia del reame” che già tanti danni ha prodotto, quasi quanti la mafia stessa?
Insomma, tanto per dirla fuori dai denti, sentiva proprio il bisogno di regalare a questa formazione politica l’ennesimo Santino di eroe senza macchia e senza paura, ed essere inserito così nell’album dei testimonial pret a porter da esibire a richiesta nel corso della campagna elettorale?
Insomma, egregio dott Cafiero, ci ripensi. Non vanifichi anni di impegno, professionalità, competenza sull’altare dell’opportunismo e della demagogia. Non se lo merita.
Con immutata stima.
(Avv. Bruno Botti)”
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