La radio in Italia nasce privata nei primi anni Venti. La storia secondo la quale il 2024 segnerebbe il primo secolo di vita della radio è per buona parte una favola. Prima della creazione dell’Unione Radiofonica Italiana (URI) avvenuta nel 1924, per volontà del fascismo, la storia della radio nel nostro paese attraversò una serie di fasi pionieristiche: la nascita di emittenti sperimentali, progetti innovativi e l’inizio della diffusione radiofonica nel paese.

Le origini

L’evoluzione della radio fu influenzata dalle tecnologie sviluppate durante la Prima Guerra Mondiale e dal desiderio di connettere le persone attraverso nuovi mezzi di comunicazione. Questo contesto storico, tecnico e culturale portò alla creazione delle prime stazioni radio, che anticiparono l’organizzazione centralizzata e governativa della radio. Uno dei protagonisti di questa fase fu “Radio Araldo, la prima emittenti a fornire trasmissioni regolari. Nel 1923 fu approvato il primo regolamento governativo che autorizzava le trasmissioni radiofoniche nel paese, aprendo la strada alla nascita delle prime stazioni radio private. Fu in questo contesto che si inserirono i primi esperimenti di trasmissione. Radio Araldo è considerata una delle prime emittenti radiofoniche italiane e iniziò a trasmettere nel 1923 da Torino, fondata da Carlo Emilio Gadda e Ugo Ojetti.

Questa stazione rappresentava una vera e propria rivoluzione, poiché permetteva per la prima volta agli italiani di ricevere notizie, musica e intrattenimento direttamente nelle loro case. Radio Araldo trasmetteva principalmente notizie locali e nazionali, interviste e brevi programmi musicali. Le sue trasmissioni erano ascoltate da un pubblico ristretto, composto principalmente da appassionati di tecnologia e da alcuni membri delle élite culturali e sociali dell’epoca. Il nome “Araldo” era stato scelto per evocare l’idea di un messaggero che portava le notizie al popolo, simile a come un araldo medievale annunciava le notizie in piazza. Radio Araldo fu pioniera in molteplici aspetti, pur con mezzi tecnici limitati, sperimentando l’uso della voce per informare e intrattenere.

Insieme a Radio Araldo, altre piccole stazioni radio nacquero in diverse città italiane. Queste emittenti erano create da amatori, appassionati e sperimentatori che si autofinanziavano e utilizzavano apparecchiature costruite in modo artigianale. Ad esempio, la stazione “Radio Milano” cominciò a trasmettere agli inizi degli anni ‘20, con un palinsesto che includeva concerti e notiziari. Anche “Radio Fiume” e “Radio Napoli” sono state tra le prime emittenti sperimentali che, seppur con mezzi ridotti, contribuivano a far conoscere la radio al pubblico italiano. In questi anni, però, l’accesso alla radio era ancora ristretto: gli apparecchi radiofonici erano costosi e non ancora diffusi nelle case della maggior parte degli italiani. Uno dei programmi più popolari di Radio Araldo era un notiziario che informava gli ascoltatori sugli eventi principali a livello locale e nazionale. Questo notiziario era considerato innovativo, perché permetteva alle persone di essere informate senza dover leggere il giornale o partecipare a raduni pubblici.

Quando Mussolini fiutò la potenza della radio. La nascita dell’URI e il controllo dell’opinione pubblica

Con la crescita della popolarità della radio e il suo potenziale come mezzo di comunicazione di massa, il governo italiano iniziò a prendere provvedimenti per regolamentare il settore. Nel 1924 fu istituita l’Unione Radiofonica Italiana (URI), che avrebbe gestito le trasmissioni radiofoniche in Italia come ente di servizio pubblico. L’URI fu una delle prime organizzazioni nazionali di radiodiffusione pubblica al mondo e segnò l’inizio della radio come strumento di informazione e intrattenimento per tutti gli italiani, non solo per pochi appassionati. L’istituzione dell’URI fu promossa dal governo di Benito Mussolini, che riconobbe nella radio un potente mezzo per la diffusione della propaganda e per il controllo dell’opinione pubblica. L’URI ottenne il monopolio delle trasmissioni radiofoniche nel paese e cominciò a strutturare un palinsesto nazionale che copriva una varietà di programmi, dalle notizie alla musica, dalle trasmissioni culturali agli spettacoli di varietà. L’URI l’inizio di un sistema radiofonico centralizzato e controllato.

La radio, a partire dagli anni ‘20, sarebbe diventata un elemento fondamentale della vita quotidiana, offrendo non solo notizie e intrattenimento, ma anche un senso di unità e identità nazionale. La storia della radio prima dell’URI è una storia di pionieri e di innovazione: Radio Araldo e le altre emittenti sperimentali riuscirono a diffondere un nuovo modo di comunicare. Queste prime radio furono importanti anche per l’identità culturale italiana, poiché contribuirono a formare un nuovo mezzo di espressione e di connessione per gli italiani. La nascita dell’URI segnò un punto di svolta: la fine di un nascente mercato libero, aperto alla concorrenza e la scelta di costruire un monopolio governativo che verrà interrotto solo cinquant’anni dopo, con la sentenza della Corte costituzionale del 1976 che autorizzò la nascita delle prime emittenti private.

Tullio Camiglieri

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