Una delle immagini più forti che Papa Francesco ha lasciato in eredità riguarda proprio l’Africa, anche se pochi forse la ricordano: si era nel 2019, quando il Santo Padre ricevette in Vaticano il Presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, ed il suo principale oppositore, Riek Machar, entrambi responsabili della cruenta guerra civile sudsudanese. Ad un tratto, fra la sorpresa generale dei presenti, Francesco si chinò per terra, incurante dei suoi 82 anni e del protocollo diplomatico, e baciò loro le scarpe in segno di umiltà, affinché abbandonassero le rivalità personali ed etniche e riportassero la pace nel più giovane Paese del Continente. Quel gesto, genuino ed improvviso, spiazzò prima di tutto i due protagonisti sudsudanesi; i quali lì per lì si commossero, e promisero solennemente di riconciliarsi; tranne poi ritornare a detestarsi, e giungere proprio in questi giorni sull’orlo di una nuova guerra civile, in uno degli Stati più poveri del mondo. È forse il Sud Sudan, Paese cattolico a cui il Bergoglio ha dedicato una speciale attenzione, favorendo altresì una lunga azione diplomatica della Comunità di Sant’Egidio per un Accordo di pace, il simbolo di come la strenua battaglia di Francesco contro le guerre, contro le armi e per la tutela dei fondamentali diritti umani siano rimaste inascoltate anche nel Continente africano. Dove invece forse mai come ora si sono intrecciate guerre civili, dissidenze armate, conflitti fra Paesi, colpi di Stato militari, atti di terrorismo e diffusione della criminalità.

La priorità africana

L’Africa è stata una delle maggiori priorità del Pontificato appena terminato; le visite apostoliche del Papa argentino nel Continente, dieci in totale, sono iniziate dopo due anni dalla elezione di Bergoglio al soglio Pontificio. Già nel 2015 egli si recò in Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana; in Egitto nel 2017; in Marocco, Mozambico, Madagascar e Mauritius nel 2019; in Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan nel 2023. Soprattutto nell’Africa sub-sahariana è stato accolto da decine di migliaia di fedeli entusiasti, in rappresentanza dei circa 260 milioni di cattolici e degli oltre 600 milioni di cristiani presenti nel Continente (quasi la metà della popolazione totale). In Centrafrica, ma anche in Repubblica Democratica del Congo ed in Sud Sudan Papa Francesco era stato vivamente sconsigliato dal recarsi, a causa delle precarie condizioni di sicurezza in quegli Stati; non solo ha preferito anteporre l’appuntamento con le comunità dei fedeli ai timori per la sua incolumità, ma lo ha fatto senza mai indossare un giubbotto di sicurezza o utilizzare schermi antiproiettile per la Papamobile, al fine di mantenere la spontaneità e la naturalezza del suo contatto con la gente locale.

L’Africa non va sfruttata ma promossa

Memorabili le sue parole a Kinshasa contro lo sfruttamento straniero delle miniere congolesi in cui affermò indignato “Basta soffocare l’Africa! Via le mani dal Congo! Via le mani dall’Africa! Il Continente non è un territorio da saccheggiare”. Ed anche il suo accorato appello durante un incontro a Roma, nella Sala Paolo VI nel 2022, con i missionari del CUAMM-Medici con l’Africa, in cui affermò con disarmante semplicità ed immediatezza “l’Africa non va sfruttata, va promossa!”, per poi aggiungere “l’Africa ha una voce, ma non si sente, e noi dobbiamo aiutarla a far sentire questa voce al mondo”. In quell’appuntamento, in cui Bergoglio espresse con limpida chiarezza le sue considerazioni sul Continente, egli valorizzò la ricchezza e le capacità intellettuali dei giovani africani, piuttosto che le risorse del sottosuolo o le potenzialità economiche da utilizzare. Fra i punti fermi dei suoi discorsi e delle sue prediche appassionate si annoverano la difesa dei diritti delle donne e dei minori africani e contro il loro sfruttamento per motivi economici; il principio dell’accoglienza cristiana per migranti, sfollati e rifugiati (non solo africani); il dialogo e la coesistenza fra le religioni; la profonda attenzione alle tematiche ambientali del Continente: temi evocati anche durante le innumerevoli visite in Vaticano di Capi di Stato e di Governo, o personalità e delegazioni africane.

Papa Francesco ha amato l’Africa

Non tutto nel rapporto di Bergoglio con l’Africa è filato liscio: la sua apertura verso le istanze delle comunità LGTB+ non è stata condivisa né dalla politica né dalle gerarchie ecclesiastiche locali, che vi hanno visto un tentativo di esportare nel Continente punti di vista occidentali, non sentiti allo stesso modo in ambito africano, dove vigono quasi ovunque forti restrizioni nei confronti dei gay e dei transgender.
“Papa Francesco ha amato il Continente africano ricco, meraviglioso, pieno di potenzialità, ma l’ha amato anche perché carico di dolore, di fatica, di umiliazione (…) in un’epoca in cui sembra prevalere l’arroganza, la prepotenza, l’interesse personale, l’umiliazione del povero” scrive don Dante Carraro, Direttore della ONG CUAMM, in memoria di Bergoglio. È proprio questa la sintesi più semplice, efficace e diretta del rapporto del Papa con l’Africa.

Giuseppe Mistretta

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