Quando Ranucci disse: “So le cose perché ho un fratello finanziere”

È il 31 gennaio 2018 quando Sigfrido Ranucci entra nell’aula B15 del Tribunale di Verona. Nel procedimento intentato contro Tosi, la Corte vuole vederci chiaro. E volendo acclarare tutte le posizioni e lo svolgimento dei fatti sulla vicenda del video hard di cui Report ha provato ad entrare in possesso, sente il popolare conduttore. Compare davanti a due magistrati: il dottor Andrea Filippo Castronuovo e la dottoressa Elisabetta Labate. Il Riformista ha analizzato il verbale dell’intera udienza, “redatto con il sistema della fonoregistrazione e successiva trascrizione”, così come depositato agli atti del processo. Le dichiarazioni del conduttore di Report mostrano clamorose contraddizioni stridenti.

Sigfrido Ranucci non nega, rispondendo ai magistrati, di aver provato a mettere le mani sul presunto video compromettente. Quello che “porrebbe fine alla carriera politica di Tosi”, nelle sue parole. E che peraltro è il sacro Graal di tutta questa vicenda: tutti ne parlano, a Report sospettano che ci sia ma non è mai stato visto da nessuno. O meglio: a posteriori, risulterà inesistente. Ma quando nel 2014 Ranucci lo cerca, è convinto di essere a un passo. “Io stavo preparando una trasmissione sull’amministrazione Tosi, a seguito di… come spesso, anzi sempre accade nelle vicende di Report, vengono delle segnalazioni, erano giunte delle segnalazioni via mail o attraverso dossier anonimi o attraverso contatto di persone che in più occasioni denunciavano delle anomalie nell’amministrazione Tosi”, è la premessa di Ranucci. Che qui, sollecitato dai magistrati, introduce l’oggetto delle sue ricerche: “All’interno di alcuni dossier che erano giunti in redazione, si faceva…”

Il Pubblico Ministero lo interrompe:
“Ma quando dice “dossier giunti in redazione”, cioè erano…”

Ranucci:
“Si parla di email, si parla di missive anonime”.

Il Pm vuole capire di cosa si parlasse, nella denuncia anonima.

Ranucci:
“Si trattava di immagini imbarazzanti, riguardavano i gusti sessuali del signor Tosi”.
Ranucci non precisa che la Rai non potrebbe mai mandare in onda filmati riguardanti la sfera privata, intima, sessuale di questo o quel politico. Che in camera da letto non deve entrare la telecamera del servizio pubblico, Ranucci non lo dice. Anzi, spiega di essersi attivato per comprare quelle immagini. Ma come? Il giudice gli chiede se si fosse accordato per un prezzo. È quel che si vede nel video diffuso dal Riformista. Nel verbale da noi acquisito, Ranucci capovolge la situazione, parlando di Sergio Borsato.

Ranucci:
“Poi mi chiese della disponibilità di pagare questo video, perché contrariamente anche a quanto sono stato accusato, io non ho mai, non mi sono mai offerto di pagare… di pagare del denaro, anche perché non potrei farlo”.
E dunque sapeva di non poter offrire denaro della Rai. In aula ha un sussulto formale. Ma di nuovo: non potrebbe neanche acquisire gratuitamente un video girato illegalmente e che viola, una per una, tutte le leggi sul diritto alla privacy. Chi lo interroga vuole capire come proseguì la trattativa sul fronte del pagamento da parte della Rai per quel materiale “proibito”. Ranucci spiega (pag.18 del verbale).

Ranucci:
“Mi richiedono nuovamente i soldi, volevano addirittura che mostrassi dei documenti riguardanti una bozza di contratto, io gli portai documenti falsi ovviamente, dietro c’era addirittura la ricerca di scienze di mia figlia e loro non se sono accorti, ma giusto per portare avanti la trattativa e volere avere la prova dell’esistenza di questo video”.

Noi abbiamo visionato fotogramma per fotogramma due scene riprese dalla telecamera nascosta di Borsato. Ranucci mostra a lungo quelli che chiama “Moduli Rai”, spiega bene come compilarli e poi li lascia nelle mani degli interlocutori, dicendo che potevano leggerli con calma tanto da poter decidere in un secondo tempo se compilarli con nomi di società di comodo. A pagina 23 del verbale con le dichiarazioni di Ranucci si entra nel merito della “manipolazione dell’audio” di cui il vicedirettore di Rai Tre parla insistentemente, da quando il Riformista ha pubblicato i video della telecamera nascosta. Gli incontri tra Ranucci e Borsato sono stati due: il 13 febbraio 2014 alla stazione di Padova, poi il 18 febbraio successivo nell’ormai nota trattoria di Roma, a Trastevere. I video pubblicati dal Riformista riguardano solo l’incontro del 18. Sull’incontro del 13 non abbiamo pubblicato nulla. Scopriamo dai verbali, per bocca di Ranucci, che gli audio che contesta sono esclusivamente riferiti all’incontro del 13.

Ranucci:
“Da una perizia che abbiamo fatto fare in Rai e l’ho fatta fare anche per scrupolo da un perito esterno, emerge una manipolazione e emerge sicuramente che quel file audio, e non se ne capisce il motivo perché se è stato registrato con un Iphone 5 non si capisce perché non è stato posto l’originale ma è stato posto e presentato un file lavorato, risulta compresso per tre volte…”.
In aula lo dicono chiaramente: si parla dell’incontro alla stazione del 13, non dell’incontro del 18 a Roma. Parla il verbale (pag.23)

Pubblico Ministero
“Anche per quello del 18 febbraio riscontra delle anomalie dello stesso tipo…

Ranucci:
No.

Pubblico Ministero:
“Oppure potrebbe essere che magari è una registrazione non venuta bene?”

Ranucci :
“No”.
Assodiamo così incontrovertibilmente che il video messo in rete dal Riformista non è mai stato contestato nella sua integrità, non risulta manipolato e non è stato oggetto di alcuna perizia. Risulta tutto da capire una cosa molto importante. Perché, se per ammissione di Ranucci è un video che non presenta anomalie, lo stesso conduttore ha armato una campagna con la quale– su tutti i social, in tutte le interviste – ha continuato ad affermare il contrario? Diffamandoci in modo evidente. Con l’aiuto di alcune testate giornalistiche che, al pari di Ranucci, ci hanno diffamato. Torniamo alla deposizione. Il teste Ranucci deve adesso rispondere delle affermazioni con cui ha colorito i suoi incontri. In quello avvenuto a Padova avrebbe rassicurato Borsato di ottenere tramite un fratello – che lavora per la Guardia di Finanza – informazioni riservate sulle persone di cui si occupa. È l’avvocato di Tosi che gli fa le domande:

Avvocato di Tosi:
“Lei fa tutta una serie di dichiarazioni che dopo in caso le farò delle specificazioni. Cioè io voglio capire, lei quando dice determinate cose, in tutto, in parte o per niente, bleffa anche? Cioè lei cerca di carpire, di mostrarsi credibile, affidabile a Borsato?”

Ranucci:
“Cerco di mostrarmi credibile e affidabile e a volte dico la verità, a volte dico delle mezze verità per vedere… per non imboccare l’avversario, cioè l’intervistato e capire se può darmi dei contributi. È una tecnica per capire se si ha…”

Avvocato di Tosi:
“Bene. Dice anche delle menzogne, delle cose che non stanno né in cielo e né in terra?”

Ranucci:
Non vere, sì, sì, sì”.

Avvocato di Tosi
“Quando lei dice nell’incontro del 13 febbraio, e vi dico anche le pagine dell’affoliazione per essere… quando lei a pagina 34 dell’affoliazione dice che determinate notizie sull’esito di indagini o sviluppi processuali le acquisisce perché ha un fratello in Guardia di Finanza, lei… è vero intanto che lei ha un fratello in Guardia di Finanza?”

Ranucci
“Sì, è vero, sì, sì”.

Avvocato di Tosi:
“È vero?”

Ranucci: “Sì, sì”.

Avvocato di Tosi:
“Che lei viene a conoscenza di notizie riservate da suo fratello che è in Guardia di Finanza…”

Ranucci :
“È assolutamente falso”.

Avvocato di Tosi:
“È una menzogna”.

Ranucci:
“Sì”.

Avvocato di Tosi:
“Piena al 100 per 100, giusto?”.

A Ranucci non resta che piegarsi: “Sì”.